L’album di Elisa Donzelli (nottetempo 2021) fin dalle prime pagine ci riporta all’infanzia, a quei raccoglitori di scuola, in cui tutti provavano a fare gli artisti, tra pittura e collage vari. In parte, la raccolta di componimenti in questione si riappropria di questi ricordi, momenti pieni di luce e colore che portano nella sezione introduttiva all’opera il titolo Esercizi di disegno, come nella poesia omonima. In queste prime liriche che aprono la raccolta, le linee e le forme che Donzelli traccia sul foglio compongono una sorta di paesaggio a se stante rispetto al resto dell’album; qui ad esempio la poetessa traspone simbolicamente il jardin en mouvement in parti del corpo femminile che cambiano nel corso degli anni. Le liriche successive vengono suddivise in quattro sezioni più una sorta di appendice chiamata Aprendo la notizia; nel complesso l’autrice pare seguire una doppia linea tematica e cioè da una parte tratteggia profili di donne che appartengono al suo ed anche al nostro passato in quanto figure storicamente, politicamente rilevanti e dall’altra descrive con grazia e delicatezza un profilo della nostra penisola che appare profondamente dissestato, dolorante e in divenire. Così appare per esempio in viaggio di nozze dove un safari in Africa diviene occasione di scoperta che mediante il viaggio si apre ad una verità ben più drammatica: «Questo nostro continente / in lotta per i diritti di un solo / mare che da sempre io studio / amo, così antico istruito non sa / sporgersi farsi ombra, / qualche volta morire».
Una costante di quest’opera sembra essere anche il legame intimo, profondo e a volte sofferto con la nuova generazione, quella dei cosiddetti millenials; in questo senso è un tempo reale quello in cui ci trasporta Elisa Donzelli. Le situazioni, i luoghi e gli incontri personali rivelano infatti sorprese e dubbi che rappresentano quelli della sua generazione di fronte a chi in questi anni si affaccia ad una realtà diversa (anche se perennemente in contatto con i luoghi e i tempi della memoria). Così succede in pelle e in fermo-immagine dove sono i dettagli dei corpi a rappresentare il contatto, l’intimità tra l’autrice e le esperienze della sua vita assieme a quelle dell’altro. Tuttavia forse tra gli aspetti più interessanti di questa opera prima c’è il tentativo di andare oltre la singolarità e la soggettività come pretesa di sguardo assoluto e critico sul mondo ch’ella osserva; di frequente la visione infatti viene resa attraverso simboli, a volte oggetti, in altri casi spazi concreti in cui un avvenimento preciso viene recuperato dal passato e trasformato in “ponte” per le emozioni che ancora vive e riassapora Elisa Donzelli. Queste immagini non concorrono a definire e creare contorni in modo definitivo e paiono sfumare, in tal senso, anche le atmosfere più o meno cariche di tensione che si creano nei testi, soprattutto nei versi delle strofe conclusive, come fossero finali aperti sul mondo a venire, sia interiore che esterno, qui anche inteso come paesaggio urbano, marino, familiare e musicale. Ciò si riscontra in viale della Minerva. Per Marta Russo dove si ripercorrono i luoghi in cui è avvenuto l’omicidio della giovane studentessa fino all’affermazione: «Per giorni sei stata in quel tratto di strada / compagna di passo evanescente».
Altri due componimenti rievocativi sono lucky star e automatic for the people rispettivamente tratti da una canzone di Madonna e dall’album del 1992 del gruppo R.E.M. in cui per esempio il primo concerto dal vivo in Italia della cantante diventa occasione di rivelare il senso di una femminilità pienamente consapevole e matura messa in mostra senza filtri, a cui la poetessa guarda con ammirazione e tenerezza: «E tu invece spingevi la ringhiera / volavi di notte sulla città / verso la ragazza di origini italiane / la femmina che da sola riempiva / il palco dei nostri anni, / sei stata la mia prima star».
Il viaggio italiano della Donzelli appare dunque contrassegnato dal desiderio profondo di dare voce al vissuto d’una generazione mediante lo sguardo al passato ma ad un passato che non si abbandona a se stesso in via definitiva e che, anzi, apre sguardi, mondi e prospettive a volte estremamente intime, dolorose, rievocative in cui gli spazi non trovano confini; per questo l’album di poesie riporta il lettore alla sua infanzia, che in fondo, è un po’ quella di ognuno, tra scoperte, sogni, delusioni e tentativi di dare voce e forma alla realtà nel suo divenire. (giulia bolzan)
da album (nottetempo 2021)
la femmina
cosa deve esser stato per te
lasciare il mare organizzare
a diciannove anni per gli altri
trasloco e nuova vita – la tua
passeggiata sola al parco
del Valentino e la sigaretta
consumata in silenzio
con il solo amico di foglia
che trovava per te Torino.
L’ho fatto crescere negli anni
il tuo Sud nei lineamenti
il colto sefardita che hai preso
da tua madre, all’anagrafe
Raffaeli o Raffaelli laureata
femmine a Napoli anno 1939.
Tra tutti e quattro tu
più figlio anche tu a lungo
il più esile quello
che salta e tra gli altri
non si ferma a una sola
strada di casa, maschio
sarei stata come te.
pelle
anche il tempo ora è passato sui volti
lo vedo se ci guarda il figlio, sorride
di te a vent’anni ed è una gara
assomigliargli nelle fotografie
stupirsi dell’iride verde
nel chiaro incarnato, oscilla
tra i tuoi e i miei tratti
prende dell’uno e dell’latro
la macchia poi i segni.
Non sarà la genetica a dirci
da che lato di noi anche lui
renderà più duro il tessuto.
Similar Posts:
- Giacomo Cerrai – Alcuni inediti su La dimora del tempo sospeso
- Ingeborg e Paul
- Aljoša Curavić – Scadenzario minimo di un viaggio senza fine
- Rinascere nell’umano: Ballate di Lagosta di Christian Sinicco, nota di Claudia Mirrione
- Margaret Atwood – Esercizi di potere
- Daniel Skatar – Collezione di dischi volanti
- Cristina Annino – L’udito cronico: il poeta siate voi che parlate, nota di Pietro Roversi
- Segnacoli di Marina – una nota su Marina Pizzi
- Alfonsina Storni – da Poemas de amor
- Viola Amarelli – Inediti