John Taylor – Transizioni – Ed. Lyriks, 2021
John Taylor ci presenta ancora un libro notevole (nella traduzione di Marco Morello, con brevi note di Tommaso Di Dio e Franca Mancinelli, e illustrazioni di Alekos Fassianos), con il quale continua il suo personale percorso di decantazione di una scrittura già raffinata ed essenziale, come quella che era stato possibile leggere nel suo Oblò / Portholes (v. QUI), raccolta che possiamo considerare in qualche misura affine a questa ultima. Libri legati al mare, all’orizzonte, ad una visione quasi atomica delle cose, allo scorrere del tempo e in egual misura al suo cristallizzarsi in momenti che non sono tanto occasionali epifanie quanto l’umano avvertire nel mondo, come nella parusia platonica, la presenza di qualcosa di intensamente spirituale che evolve. Come scrive Franca Mancinelli “il suo sguardo [di Taylor] è richiamato dall’istante in cui le cose non sono più se stesse e insieme non sono ancora altro: è l’incanto del trasmutare, delle molteplici transizioni attraverso cui il giorno diviene notte, il buio si fa luce e la vita si avvera nel suo miracolo: «l’acqua […] sale / dalla scura terra». Ciò che avviene in questa sospensione può appena sfiorare la parola per poi subito rientrare nel non dicibile. Per questo i versi sono spesso brevi, come se Taylor tentasse di sillabare una lingua sconosciuta che coincide con il ritmo che avvicina e allontana le onde dalla riva”. Come ho già scritto John è uno scrittore europeo a pieno titolo, per stile, per ascendenti letterari, per cultura, e sarebbe possibile trovare nei suoi versi echi dei moltissimi poeti che ha tradotto e fatto conoscere in America, non solo francesi ma anche italiani come Alfredo de Palchi e Lorenzo Calogero. Qui ci trovo certamente Valéry, citato in esergo, ma anche un Mallarmé che va verso la luce, che abbia trovato sì una sua chiarità post-ermetica ma che continui a captare (ed è lo statuto del poeta) i segreti legami tra le cose, con quella visione quasi atomica a cui accennavo all’inizio. E tuttavia, come afferma Tommaso Di Dio, “non vi è qui nulla di misterioso che non sia evidente, nulla di occulto che non sia sotto gli occhi di tutti. L’estrema concentrazione formale di questa poesia porta alla rivelazione mediante contrazioni rapidissime, fulminei abbagli, iridescenze; la vertigine dei tempi e la tautologia dei deittici si fa pura materia espressiva: «questo mare quel mare / è fu / diventerà». Non posso che essere d’accordo, il poeta in realtà non inventa nulla, semmai immagina e riscrive la realtà che c’è, la interpreta facendo della poesia uno strumento ermeneutico. E la forma breve, per quanto poi allungata nelle due sezioni che sono quasi poemetti, serve a depurare ulteriormente, verso per verso, il lirismo che si accompagnava alle sue opere precedenti, nella direzione di una sublimazione che da una parte è quasi orientale, in testi dove non è infrequente trovare porzioni che potrebbero essere tanka (”lo scintillio / nell’aria / sull’acqua / così uniforme / così avvolto dalla luce nebbiosa // il mare qualcos’altro / in quest’ora senza vento…”), dall’altra ci rimanda a Quasimodo, Ungaretti, Saba. Su tutto aleggia il movimento incessante dell’acqua, delle onde, degli elementi, della memoria, come una vitale vibrazione cosmica. (g. cerrai)
(altre cose di John Taylor QUI)
IL MARE A SÈTE
Come in riva al mare
Dove la battigia separa,
Dove il confine ondeggia avanti e indietro
Il tempo dà, il tempo toglie.
Paul Valéry, Mari
come il mare si solleva
in goccioline di nebbia
in questa calma
e mentre entra l’alba scende
in pallida luce vaporosa
quando lo vedi
dimentichi
tenti di dimenticare
lo chiami sorgere del mare
come l’acqua sale
dalla scura terra
l’oscura sorgente
mentre l’altra oscurità
addensata lassù
s’attenua e diventa
cascata di luce
sorgere del sole
*
apparizione
poi parvenza
se vi è differenza
lo scintillio
nell’aria
sull’acqua
così uniforme
così avvolto dalla luce nebbiosa
il mare qualcos’altro
in quest’ora senza vento
che cos’è
vicino e lontano
è sempre cos’è
e cosa non è
(…)
THE SEA AT SÈTE
As at the edge of the sea
Where the shoreline is separation,
Where the border swings back and forth,
Time bestows then retrieves.
Paul Valéry, Seas
as the sea rises
in droplets of mist
through the calmness
as it enters dawn descending
in pale vaporous light
when you see
you forget
try to forget
call it searise
as the water ascends
from the dark earth
the dark source
while the other darkness
gathered up there
fades becomes
lightfall sunrise
*
apparition
then appearance
if there is a difference
the glistening
in the air
on the water
so steady
so swathed with hazy light
the sea something else
in this windless hour
what is it
near and away
is always what is
and what is not
(…)
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