Alcuni inediti di Viola Amarelli, tratti da una raccolta dal titolo provvisorio “Il suono e il muto” che ho avuto il piacere di leggere in anteprima ma su cui sta ancora lavorando. Conosco Viola da diversi anni, almeno dal 2008 se non prima, e ho avuto modo di scrivere qualche nota sulle sue poesie in più di una occasione (trovate qualcosa QUI), sottolineando sempre una costante ricerca su almeno due binari strettamente interconnessi, anzi che si andavano alimentando a vicenda, generando senso: sulla sua lingua poetica, rimodulata e essenzializzata come poche altre, dalle sue prime cose fino ad oggi (“pulendo all’ossoessenza / quello che resta, quel che m’interessa”, scrive ne Il cadavere felice) – lingua che mi pare essere, come scrissi e ne ho qualche conferma, “avvicinamento al silenzio come perfezione inattingibile, come forma d’arte suprema, o mistica”; e poi sulla realtà attuale, analizzata nelle sue crisi, nelle sue contraddizioni e nelle sue aporie, realtà che comprende anzi occulta, come scrive, “il niente, il nec entem dove poggiamo”, ma anche comprende non paradossalmente un intenso lavorio non tanto sull’io, poetico o meno, quanto sul sé persona e essere umano in viaggio, in accordo anche con le sue convinzioni filosofiche e spirituali. Buona lettura. (g.c.)
B
una stranita bellezza
4.
Ho amato mio padre, il cioccolato, le pagine di
mi ha amato il vento, il figlio del
custode del camposanto
io e il biondino, la pelle dorata
le assi di legno sul rivamare
le occhiate intrecciate, arravogliate
silenzi infiniti il non detto
non c’era bisogno
chiaro, chiarissimo
amarsi
bambini.
5.
Molto felici, a volte, a volte fottutamente
depressi, capita, regolare
non farci caso, vaevieni normale
non fissarsi sul pensiero
giusto-distorto, capita, entrambi,
non sovraccaricare osserva con calma
ah, questo ora pensa ciò, anche tu pensi, un vizio
diffuso, quindi che ne sanno loro ok
che ne sai tu però, aggiungi, sii onesto un
momento solo uno ma quel
che scorre è un cumulo di momenti
sgretolacertezze, la libertà di non averne, non sono indispensabili
occorrono solo piccole avvertenze tipo: il fuoco brucia
la piena del fiume travolge, eccetera
si gioca con quello che capita, momento per momento
ci sono regole, forse, ma a meno che tu non abbia
tremila di occhi (spiace comunicare che un solo terzo occhio
è insufficiente) non puoi conoscerle e poi,
serve conoscerle? Quindi essendo così felici, a volte
un calice di vino, un suono, un odore, un tocco
di pelle, vivilo, momento per momento
nessun attaccamento.
6.
Schiuma salata
ride il ragazzo
il cielo si è abbassato
resta la sabbia, fino a quando,
nessuno se lo chiede
fascinatura dicono sia incanto.
naturalia
IV.
Il gatto dorme. Anche una mosca,
il grillo, il riccio, un lattante.
Il vento, insonne.
Notturne rane sprofondate.
V.
colo di verde, erba, foglie
e pus
putrelle arrugginite, vecchi scavi
le creste skyline divorate,
domani accenderanno sensi, bibbie e
suoni, come una festa
come fermarsi sul ciglio del dolore,
verde d’assenza, sola inflorescenza.
VI.
A queste tende arancio
Tende l’autunno
Con il suo grigio che
Varia argento a plumbeo,
Skandha: mucchi, aggregati
Scorrono impavidi i colori
Ballata
Ancora morbida
la fontanella al cranio,
bolla di aria il seno della mamma
soffio di mani livide
e piedini
schiantata un solo colpo di stivale
come in un prato primula
o campanula
come nel mondo schiantano
invisibili per fame, sete, botte
deflorate
le bocche di leone, violacciocche
tutte le bimbe che non sappiamo amare,
figlie scomparse, bambole di stracci
Nota: la sequenza qui pubblicata (una stranita bellezza, naturalia, ballata) ricorre come struttura base del libro.
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