maalox 10 – il bravo poeta, il poeta bravo

Totò diabolicus (1962)Avevo intitolato maalox, come un noto farmaco contro il bruciore di stomaco, alcune noterelle acide che avevo pubblicato nel vecchio sito di Imperfetta Ellisse, con lo scopo il più delle volte di alleviare un certo mal di pancia, poetico e non. Ne trovate alcune QUI.  (g.c.)

Non è facile dare consigli a chi aspira ad essere un bravo poeta o almeno un poeta bravo. Ma possiamo almeno provarci.
1 – il bravo poeta cura l’immagine, cosa molto importante in questa epoca di social media. Pertanto provvederà di munirsi di un photography assistant (PA), cioè di uno che lo fotograferà ad ogni ora del giorno e della notte, mentre legge le sue poesie, mentre scrive, mentre guarda un’opera d’arte con aria ispirata, mentre si gode uno spritz in gondola, mentre si perde nelle brume serali. Se il poeta è un maschio è preferibile che il PA sia una donna, per ovvie ragioni di sensibilità, meglio ancora se legata sentimentalmente o se fa la musa come secondo lavoro. Se il poeta è una signora idem, per una questione di sorellanza. Il top, quello che ti identifica come un vero poeta, è riuscire ad avere una foto, magari in bianco e nero, di un noto fotografo di poeti (sì, quello che state pensando). Lì sei proprio arrivato. I selfie invece non sono ammessi perché, diciamolo, sono roba da dilettanti, equivalgono a farsi una sega (ma vanno bene se sei quello che tiene il cellulare nella foto di gruppo di un “evento” con Davide Rondoni).
2 – il bravo poeta non è un solitario o quello che una volta si chiamava appartato. È una cosa brutta, ti identifica come antisociale, se non proprio come sovversivo. Viceversa il poeta bravo si mescola, ma con un certo discernimento. Preferibile accostarsi a cenacoli già consolidati, nei quali la pratica della vicendevole pacca sulla spalla è già ben avviata. Per riconoscere il circolo giusto occorre vedere se in esso funziona il sillogismo o la proprietà transitiva della recensione. Vedere ad esempio se A recensisce l’opera di B mentre B scrive la prefazione alla silloge di C, il quale fa la presentazione di quanto A ha pubblicato.  E allora D, direte voi? Be’, D se lo prende in quel posto. Ma niente paura, basta che D abbia cura di occuparsi del lavoro di C, purché lo faccia benevolmente e con positivi rimandi all’opera di B o A, solo modo per sperare di entrare nel cenacolo. Va da sé che se A dice che B è bravo e B dice che C è bravo (o viceversa), allora A, B e C di certo sono bravi. O forse non lo è nessuno? Bel problema. Ma resta il fatto che questa sorta di cambiale poetica in certi ambienti vale quanto i bitcoin ed è anche, se vogliamo, un bell’esempio di economia circolare. Fra parentesi, si chiamano cenacoli perché gran parte dell’attività letteraria si volge in happy hour o osterie del centro storico specializzate in bolliti (con foto allegata ovviamente).
3 – il bravo poeta non esita a rendersi visibile. Bisogna darsi da fare, frequentare i reading (ricordarsi di fare foto che testimoni il fatto), conoscere gente, partecipare a tutti i premi letterari che capitano a tiro (o al limite inventarsene uno), postare su Facebook i propri parti notturni (ricordarsi sempre di scrivere in fondo “Copyright di”, non si sa mai), e se già editi postare ogni tanto qualche inedito, che come Mussolini bisogna sempre lasciare la luce accesa, insomma far vedere che si lavora anche di notte. Ma soprattutto, siccome viviamo nell’era della riproducibilità tecnica, bisogna inviare, non richiesto, un pdf della propria opera  a chiunque dia appena l’impressione di essere un recensore. Eh sì, si spera sempre nel buon cuore della gente, anche se a volte capita di ricevere risposte un po’ piccate (v. esempio QUI).
4 – il bravo poeta non è un poeta bravo se non ha una sua poesia tradotta in spagnolo più o meno poetico dal Centro Cultural Tina Modotti. Meglio sarebbe in bulgaro, che ha il vantaggio di non essere una lingua neolatina, il che solleva da un sacco di responsabilità, nel caso ci fossero rime.
5 – il bravo poeta non manca di investire su sé stesso, anche finanziariamente, non tanto, come ovvio, nella pubblicazione del proprio libro quanto nella sua promozione presso un pubblico sempre avido di poesia. Questo significa non esitare ad intraprendere viaggi in treno, in auto e se occorre in corriera attraverso tutta la penisola per presentare la propria opera al suddetto pubblico. “Non esitare” vuol dire non mettersi lì a fare il taccagno con le spese di trasferta, pensioncina e vari panini Camogli. Tanto con la vendita di due o tre copie alla volta qualcosa si recupera sempre. (segue)

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