Susana Thénon – Poesie

Susana Thénon (Buenos Aires, 1935 – 1991) è stata una poetessa, saggista, traduttrice e fotografa argentina. Laureata in Lettere all’Università di Buenos Aires e coetanea di Alejandra Pizarnik (con cui nel 1960 fondò la rivista Agua Viva) e Juana Bignozzi, è associata forse non del tutto correttamente alla cosiddetta Generazione del ’60, pur non essendosi legata mai ad alcun gruppo letterario. Grande padrona del linguaggio, quel linguaggio che lei stessa definiva emputecido (imputtanato) con la stessa crudezza con cui definiva se stessa Sappho in Shitland, un linguaggio pieno di spazi e territori, anche mentali, che, come dice uno dei suoi critici (Ignacio Oliden), “sembra ordinario, ma in realtà non lo è: è necessario prima superare quel mare di sconnessioni che evidenzia una profonda preoccupazione che coinvolge parole, comunicazione ed esperienza, e che implica linguaggio e poesia”. Come in Alejandra Pizarnik e altre della sua generazione molti dei suoi temi riguardano il corpo, la solitudine, l’amore negato, il desiderio. Tra le sue raccolte di poesie spiccano: Edad sin tregua (1958), Habitante de la nada (1959), De lugares extraños (1967), Distancias (1984) y Ova completa (1987). Tra il 1970 e il 1982 non uscirà nessun nuovo libro poiché si dedicò alla fotografia, ma continuò a scrivere. È morta in solitudine il 5 dicembre 1991, all’età di 56 anni, per un cancro al cervello. La sua poesia postuma sarà raccolta dalla poetessa e saggista argentina María Negroni in La morada imposible I y II (2001). È sostanzialmente inedita in Italia. (g.c.)

.

.

DAMMI la libertà,

apri le porte della mia gabbia,

dammi aria, spazio:

Mi manca il mare, ho sete del suo sguardo,

così alto è il mio desiderio

che come un tetto discende sopra questa prigione.

.

Ho gettato via la maschera senza sapere che lei era il mondo

E che dietro il mondo, intorno,

un altro mondo d’ombra si preparava ad attaccare,

Quali galeotti saremo noi delle oscure libertà.

.

Non c’è speranza, lo so già: allora datemi l’inganno

vedere queste catene come rami stretti

nella pace della tua giungla.

.

Concedimi l’errore, la follia, il sogno

che sono uno stame sonnolento

sulla tua pietra, al sole.

.

NON E’ facile trovare quello che ti somiglia:

devi uscire, devi allontanarti dalle strade

e raggiungere la terra; devi cercare tra le foglie

e la sabbia, che si arrampica con fervore sulle betulle;

.

quando il fumo si allontana dalle case

e nessuno grida né lontano né vicino

e nessuno ha più sete, tranne il mondo

è a riposo e ciascuno

sa cosa lo aspetta

nella solitudine della sua stanza.

.

.

***

.

.

perché grida questa donna?

perché grida?

perché grida questa donna?

e chi lo sa

.

questa donna, perché grida?

chi lo sa

guarda che bei fiori!

perché grida?

giacinti margherite

perché?

perché che cosa?

perché grida questa donna?

.

e quella donna?

e quell’altra donna?

vai a sapere

deve essere pazza quella donna

guarda guarda gli specchietti

sarà per il suo stallone?

e chi lo sa

.

e la parola stallone

dov’è che la sentiste?

è un segreto quella donna

perché grida?

guarda che margherite

la donna

specchietti

uccellini

che non cantano

ma perché grida?

che non volano

perché grida?

che non danno fastidio

la donna

e quella donna

forse era una pazza?

.

Ora non grida

.

(ti rammenti di quella donna?)

.

.

***

.

.

Canto nuziale (titolo provvisorio)

.

mi sono sposata

mi sono sposata

ho detto sì

un sì che tardò a giungere per anni

anni di sofferenze indicibili

di pianti sotto la pioggia

o barricata nella mia stanza

perché io – il grande amore della mia esistenza –

non mi chiamava

non mi scriveva

non mi faceva visita

e a volte

quando avevo il coraggio di chiamarmi

per dirmi: ciao, sto bene?

io mi facevo negare

.

Sono arrivata persino a iscrivermi

su una mailing list di scocciatori

che proprio non volevo contattare

perché mi assillavano

perché mi inseguivano

perché mi mettevano all’angolo

perché mi stavano facendo scoppiare

.

alla fine non ho nemmeno fatto finta di niente

quando mi sono pregata

.

davo ad intendermi

sottilmente

che ero marcia

.

e una volta ho smesso di chiamarmi

e smisi di chiamarmi

.

e passò così tanto tempo

che mi mancavo

poi ho detto

quanto tempo è che non mi chiamo?

da anni

devono essere secoli

e ho chiamato e ho risposto

e non potevo crederci

perché anche se può sembrare una bugia

non ero guarita

ero solo finita nelle vene

allora mi sono detta: pronto, sono io?

sono io, mi sono detta, e ho aggiunto:

è da molto tempo che non sappiamo più nulla

io su di me e io su di me

.

vorrei tornare a casa?

.

sì, ho detto

.

e ci siamo incontrate di nuovo

in pace

.

mi sentivo bene insieme a me

proprio come me

mi sentivo bene insieme a me

e così

da un giorno all’altro

mi sono sposata e mi sono sposata

e sono insieme

e nemmeno la morte può separarmi

.

10-IV- 1986

.

.

***

.

.

LEI

.

di primo mattino

(si toccò le mani).

Di primo mattino, appena.

Ricorda che nulla ha importanza

anche se la sua ombra continua a correre

ai limiti della notte.

Qualcosa si è fermato a un certo punto,

qualcosa ha marciato debolmente

e a un certo punto si è fermato.

Lei tremava come un suono

congelato tra le labbra di un morto.

Cadde a pezzi come un ricordo

richiamato a sazietà.

Si chinò sul suo respiro

e si accorse che era ancora viva.

Toccò la sua libertà

e la lasciò scivolare via come una piccola notte.

Si annodò l’angoscia intorno al collo

e si ricordò del suo colore randagio.

Addentò alla cieca l’oscurità

e ascoltò il silenzio urlare.

E imparò a ridere

dell’odore del tempo che si congedava dal suo sangue.

Di notte

(si tagliò le mani).

Di notte, appena.

Lei raccoglie il suo piccolo crepuscolo.

Sogna nell’erezione della rosa.

.

.

***

.

6

il grande serpente abbracciato al mondo

dorme   anche tu dormi

io dormo   puri di suono

sorridiamo contro   i disperati e soli

tra i fiori   no

(puoi) no (non puoi)   e del giorno

piove l’ombra   appena sorto tu tremi di

morte     prima della morte

dormo estranea alla mappa dei mari   qui leggo

il tuo sogno     qui non leggo più

la tua risata lupo bianca lingua che decifro

no (non puoi no)

e ora

la goccia cade (bevi amore)

con un intero cielo di una fitta follia

.

.

***

.

.

7

il tuo passo     mai un altro   e la tua bocca

rosicchiata dal vento   creatura

unica in un mondo di nomi

che a malapena pronunci   e che difficilmente ti feriscono

dolce materia     vivente

in una terra malata     creatura

unica     tra fiore e fiore oscuro

il tuo passo   mai un altro

e la tua bocca rosicchiata dal vento

.

.

***

.

.

12

l’abbraccio l’abbraccio nel pomeriggio

quanto sono stata immortale

e quanto poco mi ferisce il futuro straniero

questa pietra senza riposo      tu eri eterna tuttavia

eri la fine e l’inizio e niente

e nient’altro che     il sole     il tuo sguardo la mia cecità

sole per sempre ieri     e noi tramontavamo

e l’abbraccio era il mare

la notte

.

.

***

.

.

POESIA

.

“Credo nelle notti”.

R. M. Rilke

.

Ieri, sul tardi, ho pensato che nessun giardino giustifica

l’amore che soffoca purtroppo nella mia bocca

e che nessuna pietra colorata, nessun gioco

nessun pomeriggio con più sole del solito

arriva a formare la sillaba,

il sussurro atteso come un balsamo,

notte dopo notte.

Nessun senso, nessun equilibrio, nulla esiste

quando il no, l’addio,

il minuto appena morto, irreparabile,

sorgono inaspettati e ci accecano

fino a morire in tutto il nostro corpo, infiniti.

Come una fame, come un sorriso, penso,

la solitudine deve essere

perché è così che ci inganna e ci entra dentro

ed è così che un pomeriggio la sorprendiamo

che si adagia su di noi.

Come una mano, come un angolo semplice

e ombroso

l’amore dovrebbe essere

per tenerlo vicino e non esserne inconsapevoli

ogni volta che ci invade il sangue.

Non c’è silenzio o canto che possa giustificare

questa morte lentissima,

questo omicidio che nessuno condanna.

Non c’è liturgia o fuoco o esorcismo

per fermare il ridicolo fallimento

delle lingue che conosciamo.

La verità è che sto annegando senza dolore,

almeno ho resistito all’inganno:

non ho partecipato alla festa dolce, né all’aria complice,

né alla notte a metà.

Mordo ancora, e anche se c’è poco da fare,

il mio sorriso conserva un amore che spaventerebbe Dio.

.

.

Testi originali

.

DAME la libertad,

abre las puertas de mi jaula,

dame ser aire, espacio:

extraño el mar, tengo sed de su mirada,

tan alto es mi deseo

que como un techo él desciende sobre esta cárcel.

.

He arrojado la máscara sin saber que ella era el mundo

Y que detrás del mundo, en derredor,

otro mundo de sombra se aprestaba a atacar,

que galeotes seremos de oscuras libertades.

.

No hay esperanza, ya lo sé: dame entonces el engaño

de ver estas cadenas como apretadas ramas

en la paz de tu selva.

.

Concédeme el error, la locura, el sueño

de que soy un estambre adormecido

sobre tu piedra, al sol.

.

NO es fácil encontrar lo que se te parece:

hay que salir, hay que alejarse de los caminos

y llegar a la tierra; hay que buscar entre las hojas

y la arena, treparse con fervor a los abedules;

.

cuando el humo se aleja de las casas

y nadie grita ni lejos ni cerca

y nadie tiene sed, sino que el mundo

está en reposo y cada uno

sabe lo que le espera

en la soledad de su cuarto.

.

De De lugares extraños, 1967.

.

.

***

.

.

¿por qué grita esa mujer?

¿por qué grita?

¿por qué grita esa mujer?

andá a saber

 

esa mujer ¿por qué grita?

andá a saber

mirá que flores bonitas

¿por qué grita?

jacintos           margaritas

¿por qué?

¿por qué qué?

¿por qué grita esa mujer?

 

¿y esa mujer?

¿y esa mujer?

vaya a saber

estará loca esa mujer

mirá           mirá los espejitos

¿será por su corcel?

andá a saber

 

¿y dónde oíste

la palabra corcel?

es un secreto          esa mujer

¿por qué grita?

mirá las margaritas

la mujer

espejitos

pajaritas

que no cantan

¿por qué grita?

que no vuelan

¿por qué grita?

que no estorban

la mujer

y esa mujer

¿y estaba loca mujer?

 

Ya no grita

 

(¿te acordás de esa mujer?)

.

De Ova completa (1987)

.

.

***

.

.

CANTO NUPCIAL (TÍTULO PROVISORIO)

 

 

me he casado
me he casado
me he dado el sí
un sí que tardó años en llegar
años de sufrimientos indecibles
de llorar con la lluvia
de encerrarme en la pieza
porque yo -el gran amor de mi existencia-
no me llamaba
no me escribía
no me visitaba
y a veces
cuando juntaba yo el coraje de llamarme
para decirme: hola, ¿estoy bien?
yo me hacía negar

llegué incluso a escribirme
en una lista de clavos
a los que no quería conectarme
porque daban la lata
porque me perseguían
porque me acorralaban
porque me reventaban

al final ni disimulaba yo
cuando yo me requería

me daba a entender
finamente
que me tenía podrida

y una vez dejé de llamarme
y dejé de llamarme

y pasó tanto tiempo
que me extrañé
entonces dije
¿cuánto hace que no me llamo?
añares
debe de hacer añares
y me llamé y atendí yo
y no podía creerlo
porque aunque perezca mentira
no había cicatrizado
sólo me había ido en sangre
entonces me dije: hola, ¿soy yo?
soy yo, me dije, y añadí:
hace muchísimo que no sabemos nada
yo de mí ni mí de yo

¿quiero venir a casa?

sí, dije yo

y volvimos a encontrarnos
con paz

yo me sentía bien junto conmigo
igual que yo
que me sentía bien junto conmigo
y así
de un día para el otro
me casé y me casé
y estoy junta
y ni la muerte puede separarme

10-IV- 1986

.

.

***

.

.

ELLA


de madrugada

(ella se tocó las manos).

De madrugada, apenas.

Ella recuerda que nada importa

aunque su sombra siga corriendo

alrededor de la noche.

Algo se detuvo en algún momento,

algo marchaba débilmente

y se detuvo en algún momento.

Ella tembló como un sonido

congelado entre los labios de un muerto.

Ella se deshizo como un recuerdo

convocado hasta la saciedad.

Ella se inclinó sobre su respiración

y comprendió que aún vivía.

Se tocó la libertad

y la dejó escurrirse como una pequeña noche.

Se anudó la angustia alrededor del cuello

y recordó su color extraviado.

Ella mordió a ciegas en la oscuridad

y escuchó gritar al silencio.

Y aprendió a reírse

del olor a tiempo que despedía su sangre.

De noche

(ella se cortó las manos).

De noche, apenas.

Ella recoge su pequeño crepúsculo.

Ella sueña en la erección de la rosa.


De “Habitante de la nada”, 1959

.

.

***

.

.

6

la gran serpiente abrazada al mundo
duerme        también tú duermes
yo duermo        puros de sonido
sonreímos contra         la desesperada y sola
entre las flores     no
(puedes) no (no puedes)            y del día
llueve sombra          amanecida tiemblas de
muerte         anterior a la muerte
duermo extraña al mapa de los mares         aquí leo
tu sueño       aquí ya no                          leo
tu risa lobo idioma blanco             yo descifro
no (no puedes no)
y ahora
cae la gota (bebe amor)
con un todo cielo de apretada locura

.

.

***

 

.

7

tu paso          nunca otro            y tu boca
roída por el viento      criatura
individual     en un mundo de nombres
que ya apenas pronuncias       y que apenas te hieren
dulce materia              viva
en tierra enferma           criatura

individual            entre flor y flor oscura
tu paso       nunca otro
y tu boca roída por el viento

.

.

***

 

.

12

el abrazo el abrazo en la tarde
qué inmortal he sido
y qué poco lastima el porvenir extranjero
esta piedra sin descanso           eras eterna todavía
eras lo último  y primero y nada
y nada sino         sol       tu mirada mi ceguera
sol para siempre ayer              y anochecimos
y el abrazo era el mar

la noche

.

.

***

.

.

POEMA

.

“Yo creo en las Noches”.
R. M. Rilke


Ayer tarde pensé que ningún jardín justifica
el amor que se ahoga desaforadamente en mi boca
y que ninguna piedra de color, ningún juego,
ninguna tarde con más sol que de costumbre
alcanza a formar la sílaba,
el susurro esperado como un bálsamo,
noche y noche.
Ningún significado, ningún equilibrio, nada existe
cuando el no, el adiós,
el minuto recién muerto, irreparable,
se levantan inesperadamente y enceguecen
hasta morirnos en todo el cuerpo, infinitos.
Como un hambre, como una sonrisa, pienso,
debe ser la soledad
puesto que así nos engaña y entra
y así la sorprendemos una tarde
reclinada sobre nosotros.
Como una mano, como un rincón sencillo
y umbroso
debería ser el amor
para tenerlo cerca y no desconocerlo
cada vez que nos invade la sangre.
No hay silencio ni canción que justifiquen
esta muerte lentísima,
este asesinato que nadie condena.
No hay liturgia ni fuego ni exorcismo
para detener el fracaso risible
de los idiomas que conocemos.
La verdad es que me ahogo sin pena,
por lo menos he resistido al engaño:
no participé de la fiesta suave, ni del aire cómplice,
ni de la noche a medias.
Muerdo todavía y aunque poco se puede ya,
mi sonrisa guarda un amor que asustaría a dios.

.

Del libro póstumo La morada imposible (Tomo I)

.

Tutte le traduzioni sono di Giacomo Cerrai © 2024

.

Similar Posts:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.