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Carla Paolini – Moti moventi, nota di G. Cerrai

Carla Paolini - Moti moventi - Controluna ed., 2019Carla Paolini – Moti moventi – Controluna ed., 2019

 

Carla Paolini continua, dalla sua postazione defilata, un lavoro sulla parola, soprattutto su quello che la parola, anche singola e apparentemente celibe, produce, all’interno del testo da una parte, all’interno del corpo che la emette dall’altra. Ne avevo già parlato qualche anno fa QUI e QUI, in relazione soprattutto, all’epoca, a una poesia in cui “il linguaggio coagula ulteriormente attorno a parole affini o parenti” e dove la parola stessa è un oggetto manipolabile, concettualmente, fino a farne una sorta di installazione, un testo cioè in cui il senso non è necessariamente conclusivo senza che, come in tutte le installazioni che si rispettino, il lettore “intervenga”, ci metta del suo, il suo “senso” o almeno la sua perplessità. Tuttavia, rimanendo nel campo del significato, sia in “Elettroshock” che in “Installazioni”, l’aura criptica del testo era abbastanza agevolmente perforabile, il senso, per dirla con Eco, abbastanza univoco, era cioè minore il grado di discrezionalità (in senso etimologico del termine) lasciato al lettore. Là si partiva, insieme all’autrice e secondo le sue parole, da “questo embrione energetico, [la parola da cui] il pensiero struttura e specializza nuove sintassi. La sostanza espressiva si diffonde, disseminando segmenti come linfonodi messi a difesa delle sue intenzioni. L’organismo poetico addensa fisicità singolari, s’installa sulla pagina e accetta l’urgenza di esistere”.  Era perciò possibile e intrigante scoprire queste nuove sintassi (e nuovi sensi), cosa non facile senza una lettura “attiva”, che in fondo è ciò che bisognerebbe pretendere dalla poesia. Come si vede da certi termini isotopici (embrione, linfonodi, organismo, fisicità) centrale è il corpo emittente e anche ricevente forse vittima o succube, del linguaggio, ma comunque individuale, un corpo d’artista. Continua a leggere