Archivi tag: daniel d. marin

Poeti dalla Romania 1: Daniel D. Marin

Daniel D. Marin - Poesie con gli occhiali, Ed. Ensemble, 2024Daniel D. Marin – Poesie con gli occhiali, Ed. Ensemble, 2024

.

Un poeta particolare, una poesia particolare. Ironica, surreale, a volte non sense a volte Oulipo, quando serve, quando cioè, come annota Ștefania Mincu nella prefazione, le poesie di Marin “non rimandano a un senso, ma alle stesse possibili formule del senso”, mettono in atto “finzioni date per vere”, con personaggi (o personae, direi) che “non attengono all’epico, ma sono puri segni coinvolti in modo bizzarro nel quadro situazionale delle proprie maschere fittivo-introspettive”, nel tentativo, molto attuale, di “usare un linguaggio gestuale-iconico, creare tra l’emittente e il ricevente uno spazio di percezione particolare, una mediazione non verbale”. Il che significa, riducendo il linguaggio specialistico e un po’ criptico di Mincu a qualcosa di più “digeribile”, che Marin cerca di non fare tanto un gioco di metafore, con i suoi personaggi che alludono a qualcosa di umano, alla Jean de la Fontaine, metaforizzando cioè il significato complessivo della “storia” che narra; tenta piuttosto di scalare il linguaggio iniettandovi per vie traverse ed ellittiche elementi del reale, in primis la sua assurdità, anzi – svelata con i suoi specialissimi occhiali – la sua “normale” assurdità. Per la quale non importa che il personaggio invece di un uomo sia ad esempio un coniglio di alabastro: è solo, come si direbbe in chimica, un accelerante.

Va detto però che il libro è radicalmente diviso in due parti, le prime tre sezioni (Poesie con gli occhiali, Madama civetta, Il coniglio di alabastro), nelle quali Marin esercita la sua fantasia surreale; e l’ultima, Il mondo in un chip, che personalmente preferisco di gran lunga, assai diversa per stile e contenuti, con testi anche molto buoni, che soprattutto non sono e non vogliono essere, a differenza dei precedenti, “molto assennati all’apparenza – se non addirittura puerili” (Mincu), che mostrano una concreta aderenza alla vita, alla realtà, alle dinamiche del mondo attuale, come si trova nella migliore poesia dell’Europa orientale (V. Holan, per citarne uno), e in qualche tratto anche una interessante aria “beat” (v. es. qui sotto Tra le crepe o l’ottima Il cane invisibile). E però da questa strutturale differenza tra le parti la raccolta non appare disunita, semmai va intesa come bipolarità di visione (come l’occhio di vetro del colonnello, v. sotto), come pluralità di registri, come alterità di prospettive che si riflettono sulla lingua, sulla parola, che in Marin è sempre concreta anche quando surreale, spesso ironica o giocosa, sempre “utile” e evidente come una buona lente di ingrandimento. (g. cerrai) Continua a leggere