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Da Menabò, rivista letteraria: Martyn Crucefix

Ricevo il primo numero (Febbraio – Marzo 2019) della rivista quadrimestrale “Menabò, edita da Terra di Ulivi, direttore responsabile Stefano Iori, nata con il progetto ambizioso  di gettare uno sguardo ampio sulla cultura poetica e letteraria non solo italiana, in una veste graficamente ben curata, ben corredata di immagini tratte dalla storia dell’arte mondiale, e con corrispondenti in vari paesi. Avviare un rivista letteraria di questi tempi vuol dire assumersi non pochi rischi, almeno quanti  se ne affrontano scegliendo un nome che, come ribadito nell’editoriale, rimanda direttamente a Elio Vittorini (richiamato anche in un articolo riguardo a “Il Politecnico”) e Italo Calvino, alla rivista omonima, a quella esperienza culturale che tra il 1959 e il 1966 influenzò notevolmente non solo la cultura del nostro paese ma anche il dibattito politico. Diciamo un bell’impegno.

Naturalmente quello che fa una rivista non è il nome né il riferimento storico letterario, ma è la linea editoriale, se generalista o specialistica ad esempio, forse troppo presto da giudicare da questo primo numero. Che comunque mi pare  ben costruito, con diversi articoli di sicuro interesse, traduzioni di poeti stranieri come Eliza Macadan, interviste (come quella a Filippo Davoli), recensioni (come quella di Quinta Vez di M.P. Quintavalla), note su poeti come Rosewicz e Achmatova. Insomma, direi una buona partenza, mi pare con buone prospettive future.
Come assaggio pubblico qui, tratta da questo primo numero, una poesia di Martyn Crucefix, nella bella traduzione dell’amico Abele Longo, che anche  lo intervista. Martyn Crucefix è nato nel 1956 a Trowbridge nel Wiltshire, è autore di sette raccolte poetiche, docente di letteratura e traduttore tra gli altri di Rilke, nonché un conoscitore dell’Italia, soprattutto delle Marche, che hanno ispirato la sua ultima silloge di sonetti “O. at the hedge of the gorge” (O. ai margini della gola).

Rinnovamento vicino Sansepolcro

La terrazza dove ho scelto di leggere ogni cosa
ruota intorno a me

con la furia di una fiamma ossidrica
lo sfarfallio di una candela fino a perdermi

nelle caverne azzurre d’ombra sotto al fico
il ricamo della rondine giù nella valle

la nuotatrice pallida che solleva sul dorso
le tracce della sua scia sull’acqua

su e giù per la piscina sotto i fili pendenti
di una sfilza verde

di pali del telegrafo — fredde chiamate chiuse
nel rincorrersi di voci in celle climatizzate

incurante dei morsi della calura —
fino a quando non sento i piedi di lei sfiorare

il viottolo rovente fino a quando non sento il rumore
di una foglia o il mormorio

delle formiche esplorare il manto peloso dei miei piedi
o la cartolina che lei ha comprato

stamattina e uso come segnalibro —
lo sguardo esoftalmico

del Cristo risorto di Piero come un nuotatore
in una sottoveste rosa scollata

come un muratore con il piede piantato fermo
sulla tomba risorto come acqua di fonte

come una candela invernale la salda presa
sul vessillo dove da un lato vediamo

alberi spogli e dall’altro un creato di foglie

(Traduzione Abele Longo, 2019)

 

 

The renovation near Sansepolcro

I choose the terrace from which to read everything
where it swivels towards me

with a fury of a blow-torch
the unevenness of a candle till I lose myself

in the caves of blue shadow beneath the fig tree
the swallow’s cross-stitch down the valley

the pale swimmer’s supine turning to heave
the billow of her watery echo

up and down the pool beneath the wires hanging
slack from the green parade

of telegraph poles—the cold calls locked inside
the surfing of voices in air-conditioned cells

oblivious to the baying of this heat—
until I hear her feet as she brushes hot stones

along the path until I listen to the noise
one leaf makes or the whisper

of ants exploring the hairy terrain of my feet
or the picture postcard she bought

this morning I use for a bookmark—
the hyperopthalmic gaze

of Piero’s risen Christ standing like a swimmer
in his off-the-shoulder pink shift

like a builder with one foot planted firm and flat
on the tomb he rises like spring-water

like a wintry candle his firm grip
on the flagged staff where to one side of him

stand winter trees to the other worlds of leaf