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Leopoldo Maria Panero – Contro la Spagna e altri poemi non d’amore

Leopoldo Maria Panero – Contro la Spagna e altri poemi non d’amore – Nessuno editore, 2020 – trad. di Antonio Bux

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Un post su FB dell’amico Antonio Bux mi ricorda che questo libro ce l’ho, me l’ha certo mandato lui. Grosso modo dovrebbe essere ad altezza di ginocchio nella pila di volumi che purtroppo ho lasciato accumulare nel tempo. Lo cerco. Insomma un repêchage.

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L.M. Panero (1948-2014) un anarchico nichilista, se non per ideale politico certo per convinzione intima e filosofica, un poeta che come pochi ha riscattato dal luogo comune l’aderenza della scrittura alla vita e viceversa. Il che ha voluto dire attraversare per decenni l’amata odiata Spagna e i suoi rivolgimenti politici e sociali, passare per la droga, l’alcoolismo, 14 anni di manicomio orrendo, esperienze di tutti i generi senza mai smettere di scrivere, anzi travasando nella scrittura queste vicissitudini. Nella sua poesia c’è tutto questo e molto di più, che ne fa uno degli autori più rappresentativi (e scomodi) della poesia iberica contemporanea. Come scrive benissimo Antonio Bux nella prefazione, la sua è “poetica impregnata di rimandi storici, letterari e mitici, [a cui] fa da contraltare una quotidianità fatta di morte, sangue e desiderio, dove il poeta si regge in bilico tra ciò che è vero (il bene) e ciò che è reale (il male). Così è la vita stessa di Panero a trasformarsi nella sua opera, quella di un uomo che si pone l’eterno interrogativo di chi sia la vittima o il carnefice, il vincitore o il vinto, però sostenuto sempre dalla fede nel puro nulla in cui sacrificalmente scivolare, con la consapevolezza del proprio desti-no. Eppure nelle sue poesie si potrà anche cogliere il barlume di una rivendicazione al divino, evocato dall’oscurità metaclassica che in Panero è risonanza allucinata del passato, quasi una radiazione che trascende i luoghi del vivere (famiglia, carcere, manicomio) e che è a suo modo una forma di preghiera, di sottomissione del reale al mito, tuttavia vilipesa dal sostrato inferiore dove l’autore dapprima si riflette, poi affonda presagendo la barbarie, l’eterna umana sconfitta; come accade nella pittura di Francis Bacon, dove lo scavo per sottrazione porta impietosamente al punto di partenza, tra quelle radici da cui uscimmo urlanti”. Ed è per tutto questo che i versi di Panero restituiscono al lettore un’inquietudine antica e moderna insieme, l’incertezza dell’individuo, la solitudine di fronte al nulla, il costo delle scelte, la brutalità di certi accidenti della vita, tutte cose che in fondo non sono affatto singolari e riguardo alle quali ci si illude di essere al sicuro, di essere osservatori defilati. (g.c.)

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