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Sebastiao Salgado – Exodus, una nota di Elisa Castagnoli

Sebastião Salgado – Little girl of a landless family. Paraná, Brazil, 1996Exodus, Sebastiao Salgado (al MAR di Ravenna)

Sono storie di esodo, di migrazioni obbligate per milioni di persone che ogni anno, nel mondo decidono di lasciare la propria terra a causa di disastri naturali, per l’ingente povertà che spinge alla ricerca di prospettive migliori o destini differenti, oppure per la violenza di una guerra che mette in fuga interi gruppi di popolazioni; notizie che ogni giorno popolano le cronache del nostro occidente europeo. Tali storie, ugualmente documentate attraverso l’immagini fotografica dallo sguardo lucido e visionario di uno dei più grandi maestri della fotografia contemporanea, Sebastiao Salgado, sono al centro di “Exodus: un’umanità in cammino” attualmente esposte al Mar di Ravenna fino al prossimo giugno. Nonostante sia passato più di un decennio da quando “Exodus” è stata esposta per la prima volta, il tema resta più che mai attuale perché nuove crisi periodicamente si ripresentano_ rispetto a quelle documentate dal fotoreporter negli anni ‘90_ma i migranti e i profughi di oggi vivono esattamente nello stesso baratro tra disperazione e speranza, gli stessi momenti tragici o eroici legati al destino di ciascun individuo o di interi gruppi di popolazione. Raccontano a distanza di trent’anni la storia del nostro tempo, gli sconvolgimenti globali che accadono nel mondo attuale spinti dal crescente divario tra monopoli di ricchezza e diffuse aree di indigenza e marginalità, la crescita demografica esponenziale, infine la crisi prodotta dall’emergenza climatica in atto. Continua a leggere

Alberto Burri, “BurriRavennaOro”, al Mar di Ravenna – nota di Elisa Castagnoli

Alberto Burri - Grande ferro R (1990)A proposito di “BurriRavennaOro”, al Mar di Ravenna

Alberto Burri, artista dal linguaggio poliedrico e assolutamente originale di cui non possiamo non ricordare le composizioni nei materiali più desueti come il catrame, i sacchi di tela juta, le plastiche e le loro combustioni approda al Mar di Ravenna con una monografia esclusiva, BurriRavennaOro, una selezione di opere ispirate alla cultura musiva della città in concomitanza con la parallela Biennale di Mosaico Contemporaneo in corso. Tra le cento opere in mostra la serie di tele denominate “Nero e Oro” (1993) attraverso la quale Burri rende omaggio in una sua interpretazione informale e prettamente materica alla grande tradizione degli ori bizantini mentre con il ciclo “San Vitale” realizza grandi monocromi neri in cellotex cercando una via per trarre quella stessa luce intrinseca da sempre ai mosaici ravennati partendo da una valenza cromatica come il nero, in sé stessa priva di luce. Altrove, infine, pone al centro il contrasto netto tra l’oro e il nero, l’ombra e la luce. In questa stessa prospettiva si affiancano le serie di opere grafiche incentrate sull’ astrazione del segno ma ugualmente immerse in una grande potenza cromatica. Il nome dell’artista resta inoltre legato alla città attraverso l’opera in esterno al Palazzo Mauro de André del “Grande ferro R” (1990) dove la propulsione della materia riemerge nel metallo in vernice arancio plasmato come un grande antro architettonico_ una gigantesca falange uncinata_ nella più grande libertà espressiva dell’artista. Continua a leggere

Mosaici contemporanei al MAR di Ravenna, nota di Elisa Castagnoli

Mimmo Paladino, Vanità, 1988Mosaici Contemporanei, nuove visioni (al MAR di Ravenna)

“Mosaici contemporanei” come titola la collezione permanente recentemente riallestita al MAR di Ravenna pone sotto nuova luce l’evoluzione del mosaico moderno e contemporaneo sulla scena internazionale a partire dalla svolta avanguardista del ‘59 fino alle più nuove e originali declinazioni dei giovani artisti d’oggi. Nella prima parte della mostra troviamo l’intera collezione dei quadri a mosaico presentati al museo ravennate alla fine degli anni ‘50 al momento cardine di rinnovamento dell’arte musiva nel suo interfacciarsi con l’ arte moderna. Al quadri dipinti da alcuni tra i più influenti artisti dell’informale italiano si affiancano le loro traduzioni/interpretazioni a mosaico in dialogo con le tele precedenti. Le due esistono in una sorta di dipendenza e interrelazione, traduzione da un medium all’altro che comporta tuttavia un’interpretazione del cartone modello nella diversità intrinseca tra i due linguaggi e rispetti mezzi espressivi. Il mosaico è inizialmente in questa svolta moderna “quadro a mosaico” ispirato alla tela ma intrinsecamente differente dalla medesima dato l’aspetto tridimensionale della tessera che nella sua frammentazione si sostituisce al continuo della pennellata con una spazialità differente e soprattutto con un’espansione inedita della luce data come riflesso diffuso o irradiazione intrinseca al colore. Continua a leggere

Paolo Roversi – Studio luce, nota di Elisa Castagnoli

Paolo RoversiPaolo Roversi, “Studio Luce” in tempi di oscurità

“The studio is everywhere, it is a corner of my mind.”

“Studio luce è una stanza rettangolare con il soffitto alto, il pavimento di vecchio parquet e una grande finestra orientata a nord. E’ un  piccolo teatro con un’attrezzatura scarna. E’ qui dove lavoro ogni giorno come un artigiano nella sua bottega”.

 Primo punto focale della retrospettiva su “Paolo Roversi” è l’idea di studio come luogo di rielaborazione mentale dell’immagine oltre che lo spazio fisico dove il fotografo lavora da anni nel suo atelier  parigino,  da cui  prende il titolo la mostra. 

Il Mar di Ravenna ha ospitato fino a pochi giorni fa_ prima dell’obbligata chiusura per le restrizioni imposte dall’emergenza Covid (*)_ la retrospettiva dedicata al fotografo ravennate Roversi da anni stabilitosi a Parigi con le sue più note fotografie di moda ispirate a muse della bellezza contemporanea: i suoi ritratti di personaggi  “famosi”,  le “still life” come visioni soggettive dello studio, infine una serie di scatti inediti provenienti da Vogue o da altri editoriali  del settore .

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 La mostra spazia attraverso quello che a prima vista apparirebbe come il regno dell’effimero e del transitorio allo stesso modo in cui il mondo della moda si mostra a noi nel suo involucro  scintillante, lieve e dorato fatto di belle apparenze;  al suo opposto   viviamo oggi in Italia, per una seconda volta, un parziale confinamento imposto per tentare di arginare la pandemia  Covid in atto. Ciò si traduce nella cancellazione di tanta parte del nostro vivere sociale:  ogni forma di aggregazione bandita, gli spazi culturali sottoposti a restrizioni, i luoghi pubblici e di socialità chiusi nella palese austerità o rinuncia a tutto ciò che non appare sostanziale e necessario.  Tali immagini  sembrerebbero fuori luogo ora, il contrasto con l’emergenza economica di oggi stridente eppure forse è proprio in momenti di oscurità o parziale oscuramento della nostra vita collettiva che sentiamo il bisogno più che mai e la necessità di  tali ansiti di bellezza. Perché le fotografie di Roversi più che scatti di moda si imprimono ai nostri occhi come  impronte di luce, non solo ritratti di corpi ma vere e proprie emanazioni di anime colte in rari momenti di autenticità. Essi iniziano a deporre le proprie maschere per lasciare a noi trapelare una loro più intima verità. Forse oggi più che mai queste immagini eteree e inconsistenti ci parlano della permanenza della luce in un mondo che si restringe ai nostri occhi e si chiude portandoci via terreno da sotto i piedi, giorno dopo giorno oscurati da pandemie  e fobie collettive . Qui, al contrario la fotografia di Roversi è definita da Emanuele Coccia “il contagio della luce, di corpo in corpo, di anima in anima, di istante in istante”[1] Continua a leggere