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Vertigo, le mutazioni della società in videoarte, nota di E. Castagnoli

Will Benedict, “All bleeding stops eventually”, (2019)Vertigo, le mutazioni della società in videoarte (al Mast di Bologna)

Si parla di accelerazione, di velocità, di quel cambiamento rapido e irreversibile che in vari ambiti della società industriale oggi rischia come un vortice inarrestabile di risucchiarci nella mostra “Vertigo” al Mast di Bologna fino al prossimo 30 giugno. Si tratta di opere video selezionate e presentate nelle sei sessioni tematiche corrispondenti agli ambiti più rilevanti del cambiamento della società attuale tra i quali il lavoro, il contratto sociale, i nuovi comportamenti, la comunicazione, infine l’ambiente naturale . La video-arte, vale a dire l’immagine in movimento palesemente utilizzata oggi come strumento di comunicazione alla portata di tutti e qui scelta come linguaggio veicolare costituisce, secondo il curatore Urs Stahel, il mezzo artistico più indicato per rispecchiare gli attuali scenari in mutazione, la vertigine quasi provocata da tale accelerazione continua dei processi. Gli artisti rappresentati spaziano tra diverse generazioni e aree geografiche, da personalità indiscusse come Richard Mosse o Douwe DiJkstra ad altre emergenti o meno note sulla scena internazionale. Continua a leggere

LUDOVICA CARBOTTA “ Very well on my own” AL MAMBO DI BOLOGNA

«One Thing After Another #1 (Paphos)» (2022)

LUDOVICA CARBOTTA “Very well on my own” AL MAMBO DI BOLOGNA

“Very well on my own” titola la mostra ontologica della giovane artista torinese Ludovica Carbotta attualmente in corso al Mambo di Bologna fino al 5 maggio nell’ambito di Art City, traducibile con l’espressione: “molto bene per conto mio”. Filo conduttore della selezione d’ opere, infatti, come allude il titolo, è l’individualità, la sfera privata di ciascuno di noi in quanto spazio intimo e personale insieme da preservare e mettere in relazione con l’esterno_ la città, le istituzioni ma anche i social media nel rapporto complesso che oggi intratteniamo con i medesimi. Contro la ricerca ad ogni costo di visibilità per il singolo _ la nostra costante sovraesposizione sul web e i social _ si erge l’affermazione di una qualche forma di privacy come difesa contro l’ingerenza del mondo esterno che nel suo punto più estremo può coincidere con la scelta all’auto-isolamento . Da tale dicotomia trae origine il lavoro dell’artista torinese nella sua prima mostra ontologica che ripercorre i lavori degli ultimi quindici anni spaziando liberamente tra scultura, performance, installazione in sito e video.

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Alberto Burri, “BurriRavennaOro”, al Mar di Ravenna – nota di Elisa Castagnoli

Alberto Burri - Grande ferro R (1990)A proposito di “BurriRavennaOro”, al Mar di Ravenna

Alberto Burri, artista dal linguaggio poliedrico e assolutamente originale di cui non possiamo non ricordare le composizioni nei materiali più desueti come il catrame, i sacchi di tela juta, le plastiche e le loro combustioni approda al Mar di Ravenna con una monografia esclusiva, BurriRavennaOro, una selezione di opere ispirate alla cultura musiva della città in concomitanza con la parallela Biennale di Mosaico Contemporaneo in corso. Tra le cento opere in mostra la serie di tele denominate “Nero e Oro” (1993) attraverso la quale Burri rende omaggio in una sua interpretazione informale e prettamente materica alla grande tradizione degli ori bizantini mentre con il ciclo “San Vitale” realizza grandi monocromi neri in cellotex cercando una via per trarre quella stessa luce intrinseca da sempre ai mosaici ravennati partendo da una valenza cromatica come il nero, in sé stessa priva di luce. Altrove, infine, pone al centro il contrasto netto tra l’oro e il nero, l’ombra e la luce. In questa stessa prospettiva si affiancano le serie di opere grafiche incentrate sull’ astrazione del segno ma ugualmente immerse in una grande potenza cromatica. Il nome dell’artista resta inoltre legato alla città attraverso l’opera in esterno al Palazzo Mauro de André del “Grande ferro R” (1990) dove la propulsione della materia riemerge nel metallo in vernice arancio plasmato come un grande antro architettonico_ una gigantesca falange uncinata_ nella più grande libertà espressiva dell’artista. Continua a leggere

JAGO, BANKSY E TVBOY, STORIE CONTROCORRENTE – nota di Elisa Castagnoli

JAGO, BANKSY E TVBoy, STORIE CONTROCORRENTE (a Palazzo Albergati a bologna)

Una serie di storie controcorrente che in aperta rottura con il sistema esclusivo dell’arte si vogliono risolutamente provocatorie, anticonformiste e in presa diretta sul nostro tempo, ciò accomuna i tre artisti esposti in triplice monografia nella mostra bolognese di Palazzo Albergati visitabile fino a maggio 2023: il celeberrimo e misterioso Banksy e due degli esponenti più influenti della nuova generazione italiana, Jago e TVBoy. Circa sessanta opere suddivise in quattro sezioni_ le tre monografie e una quarta con tele di giovani emergenti ispirati ai medesimi _ dialogano tra loro attraverso una concomitanza di stili diversi che scorrono fluidamente dalle icone classiche a quelle pop contemporanee per TVBoy , alla sperimentazione scultorea per Jago, alla pittura a spray e graffiti per Banksy. Primaria necessità per tale generazione di street artists resta il raccontare storie e farsi interpreti della realtà contemporanea uscendo dai canali elitari dell’arte per farsi portavoce di scottanti tematiche sociali o emergenze attuali quali il terrorismo, la crisi economica, l’ambiente, la violenza, il razzismo, la discriminazione. E’ ancora dare corpo e spazio a un’altra versione della realtà oltre quella politicamente corretta e ufficiale,oltre alla voce dei poteri forti o dei media dominanti, raccontando l’alterità, la marginalità, l’urgenza di un luogo e di un momento sui muri o gli edifici di una città. Continua a leggere

De Chirico e l’oltre, una mostra a Bologna – nota di Elisa Castagnoli

G. De Chirico, Autoritratto, 1935 (part.)DE CHIRICO E L’OLTRE: dalla stagione barocca alla neo-metafisica, (mostra a Palazzo Pallavicini, Bologna)

E’ un De Chirico inusuale, certamente meno noto e acclamato ma altrettanto ricco di suggestioni e rimandi in controluce alla prima pittura metafisica quello che appare nella mostra di Palazzo Pallavicini, “De Chirico e l’oltre” visitabile fino al 12 marzo a Bologna. La prima parte delle opere esposte infatti appartiene al periodo della cosi detta produzione “barocca” ove l’artista lasciata Parigi per ristabilirsi definitivamente in Italia, (da Milano a Firenze approdando infine a Roma) trae ispirazione dai grandi maestri del passato quali Rubens, Tintoretto, Delacroix o Renoir. Opere barocche che superando l’apparente naturalismo nella citazione quasi “post-moderna” dei grandi maestri della tradizione pittorica occidentale si pongono definitivamente in un ottica dell’oltre, vale a dire ancora una volta nel superamento della natura verso la creazione di una visione onirica e irreale: “una finzione più vera del vero”. Nella seconda parte del percorso espositivo ricompaiono opere della stagione neo-metafisica appartenenti all’ultima parte della produzione artistica dechirichiana ( 1968-78) tra cui le suggestive ambientazioni delle Piazze d’Italia, le enigmatiche composizioni di oggetti e gli emblematici manichini rivisitati però con ironia, qui in forme più serene e giocose. Il percorso espositivo ci immerge in questa esplorazione di opere meno usuali e poco conosciute del grande maestro della metafisica che tuttavia riconducono in qualche misura, seppur in maniera differente dal periodo dell’avanguardia, a un superamento della realtà oggettiva, certamente dello sguardo naturalista per esplorare attraverso la finzione l’enigma annidato dentro le cose, una loro paradossale verità in quel presunto gioco di non-vero. Continua a leggere

Salvador Dalì a Siena, nota di Elisa Castagnoli

“Salvador Dalì a Siena” ( al palazzo delle Papesse )

Oltre cento opere tra le più note dell’artista surrealista Salvador Dalì, perlopiù sculture ma anche arredi, scenografie e illustrazioni, sono esposte a Siena sullo sfondo dello storico Palazzo Piccolomini detto “delle Papesse” che indirettamente intreccia la propria storia alle opere del maestro catalano. L’astronomo Galileo, infatti, soggiornò in questa dimora ospite dell’arcivescovo Piccolomini dopo la condanna del Santo Uffizio a metà del 1600 e ancora le stanze risuonano dei suoi passi, delle sue osservazioni lunari e intuizioni sullo spazio e il tempo non-assoluti mentre in un continuum temporale quella stessa relatività teorizzata da Einstein all’inizio del ‘900 echeggia nelle opere di Dalì. Basti pensare ai suoi noti “orologi molli” che evocano la distorsione di una visione oggettiva e realista a favore di una del tutto soggettiva e simbolica .

Dalì è per eccellenza l’artista poliedrico e visionario che meglio incarna l’essenza del surrealismo; negli anni ’20 a Parigi frequenta artisti e intellettuali della cerchia tra cui Mirò, Magritte, Max Ernst e Paul Eluard, primo marito di Gala che poi divenne la sua musa ispiratrice, amante, dea nella figurazione e compagna di vita. Come nella poetica surrealista influenzata dalla psicoanalisi di Freud per Dalì l’arte è liberazione profonda dell’inconscio attraverso il simbolo, l’immaginazione e il sogno che dà adito all’opera pittorica o scultorea. E’ l’immergersi nei fantasmi della psiche ed esplorarne quel territorio conflittuale e oscuro dando forma alle larve dell’inconscio o ai suoi fantasmi arcaici là dove la creazione è emergenza vitale e liberatoria: necessità di mettere il visibile al servizio dell’invisibile. I suoi più noti paesaggi sulle tele infatti, ben lontano dalla pura astrazione, sono plasmati in un ultra-realismo di oggetti e forme concrete ma, anche, da simboli dell’inconscio e citazioni di un passato remoto, classico, frammiste a ectoplasmi molli o mostri preistorici. Le sue straordinarie visioni pittoriche ispirate ai paesaggi della Catalogna ma costantemente metamorfizzate in arte sono paesaggi concreti e insieme soggettivi che fanno da sfondo a sogni metafisici sovente costellati da simboli ricorrenti come gli orologi molli, le conchiglie, i solidi platonici o la quarta dimensione. Tali temi si ritrovano nelle sculture dell’ultimo periodo esposte a Siena; infine nella mostra è messo in luce un altro aspetto del lavoro daliniano: quanto la scienza moderna influenzi la sua produzione artistica, in particolare la relatività dello spazio e del tempo rispetto alla sua percezione della realtà. Continua a leggere

“Uno, nessuno e centomila volti”, Dante Plus 700 a Ravenna, nota di Elisa Castagnoli

“Uno, nessuno e centomila volti”, Dante Plus 700 a Ravenna

 

Ritratto, autoritratto, cento cinquanta volti per rispecchiare il mondo, per vederlo e vedersi in una infinità di versioni differenti partendo dal ritratto del grande poeta Dante, l’eredità fondante della nostra tradizione letteraria; tale lo spirito che anima gli artisti contemporanei esposti a Ravenna nel chiostro della biblioteca Oriani per la mostra “Dante Plus 700” in occasione del settimo centenario della sua scomparsa. L’originalità delle innumerevoli varianti sul ritratto originale del 1300 pone da subito la questione del come leggere il passato alla luce del contemporaneo, di ciò che siamo noi oggi con le nostre modalità comunicative: una civiltà mediatica, globale, dominata dalla tecnologia e convertita al digitale. Ne scaturiscono ritratti ispirati alla cultura pop, al fumetto o alla street art ma anche l’utilizzo della realtà aumentata per quadri che si animano con le nuove tecnologie della rilevazione in 3D. Nella molteplicità di versioni che si susseguono sui muri del chiostro o nel giardino esterno compare una galleria di volti che danno spazio alla fantasia e alla più grande versatilità degli artisti contemporanei. Continua a leggere