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Civilization, una mostra a Forlì, nota di Elisa Castagnoli

Michael Wolf, Tokyo Compression #80, 2010Vivere, sopravvivere o diversamente buon vivere, in questa dicotomia obbligata e, insieme sentiero che biforca in contrastanti direzioni sembra porsi la scelta obbligata della società a noi contemporanea così come il nodo focale della mostra attualmente a Forlì, Civilization. Come se la nostra civiltà planetaria giunta ormai al ventunesimo secolo debba fermarsi di fronte a un bivio irreversibile tra innovazione tecnologica_ un avanzamento digitale senza precedenti_ dall’altra parte, la minaccia di sopravvivenza per quella stessa umanità messa di fronte a processi irreversibili e distruttivi da essa stessa generati. Basta solo enumerare i molteplici e deleteri mutamenti della superficie terrestre, la manipolazione distruttiva delle sue risorse o le derive ambientali che giorno dopo giorno continuano a mettere in discussione la sussistenza del nostro pianeta, i suoi abitanti ed ecosistema. Inedita alternativa che si prospetta rispetto a tale dicotomia è quella citata nell’ultima parte del titolo, la scelta del “buon vivere”, scelta consapevole di un ritorno a una sorta di equilibrio planetario ristabilito, altra via percorribile rispetto a quella attuale nella progettazione delle nostre società presenti e future. Trecento immagini e centotrenta fotografi provenienti da oltre 30 paesi nel mondo raccontano e riflettono, esaminano e attraversano i nodi focali di tale attualità spesso conflittuale da molteplici prospettive e luoghi del mondo.

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Maddalena, il mistero e l’immagine – nota di Elisa Castagnoli

Maddalena, il mistero e l’immagine, Musei San Domenico, (Forlì)Masaccio - Crocifissione (part.)

Maddalena figura avvolta nel mistero, al limite tra storiografia e Scrittura Sacra, emerge al centro della mostra attualmente in corso ai Musei san Domenico di Forlì attraversando secoli di rappresentazione pittorica dal Medioevo ai giorni nostri. Il nome già dalle origini antichissime, in aramaico Marayam, in ebraico Myriam risalirebbe al luogo in cui è nata, Magdala piccolo centro romano-guidaico in Galilea. La sua vita è legata alla narrazione della vita e morte di Gesù di Nazareth; nei Vangeli indelebile appare la sua figura ai piedi della croce, di fronte al sepolcro vuoto e alla pietra spostata, per prima dando l’annuncio del’avvenuto incontro con il Cristo risorto. E’ la prima a vederlo e a parlare con lui dopo la deposizione nel sepolcro, lei prima testimone di un fatto inaudito che affonda le proprie radici nel mistero e nell’intangibile . Sulle sue parole poggia la rivelazione dell’avvenuta resurrezione, dunque il destino delle prime comunità cristiane perdute e disorientate all’indomani della crocifissione così come tanta arte della tradizione pittorica occidentale. Altrove, nella pittura sacra, appare coma la peccatrice penitente, colei che lava i piedi al Cristo e li asciuga con i suoi lunghi capelli ungendoli poi con oli profumati, sempre all’incontro tra peccato e redenzione, carnalità e spiritualità, fede e rivelazione. Attraverso lo specchio della pittura “ogni epoca l’ha interpretata guardando sé stessa”[1]; ne ha creato un modello differente quanto stratificato di significati restituendo l’ideale del proprio tempo attraverso la sua immagine.  

Guido Mazzoni, “Compianto sul Cristo morto” (1483)

Nella scena teatrale le figure di grandezza naturale occupano tutto lo spazio architettonico. Non sono nella compostezza e armonia rinascimentale di ispirazione classica ma nel dramma quasi grottesco delle loro pose e nell’espressionismo dilaniato dei loro volti. Cristo è deposto al suolo, scolpito nella viva plasticità del corpo, avvolto dalla presenza delle donne piangenti ai suoi piedi mentre altri personaggi maschili ricalcando i duchi D’Este lo contornano. Il lamento, il grido muto e senza respiro attraversa le tenebre oltre il limite dell’umano; là è il naufragio dell’umanità perduta di fronte alla morte del figlio di Dio quando la luce scompare sulla terra e questa piomba in una oscurità dolorosa e senza fine. Le donne incarnano espressivamente quel dramma nei tratti dilaniati e grotteschi dei loro volti.

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Essere umane, le grandi fotografe raccontano il mondo – nota di Elisa Castagnoli

eve arnold - harlem“Essere umane, le grandi fotografe raccontano il mondo”

 

Dagli anni trenta del novecento ad oggi un nuovo sguardo al femminile inizia a emergere e imporsi sulla scena della fotografia moderna restituendo nel rispecchiamento di sé le trasformazioni culturali e sociali di un’epoca. Tale, il filo conduttore della mostra attualmente in corso ai Musei San Domenico di Forlì “Essere Umane” curata da Walter Guadagnini. Il percorso ci conduce cronologicamente attraverso un viaggio per immagini dalla prima parte del secolo scorso ad oggi, dalle figure leggendarie della grande fotografia americana alle artiste che hanno segnato l’emergenza di una nuova coscienza femminista negli anni ’70 e ‘80 in Italia e altrove; si dà, infine, voce alle identità emergenti dalle culture extra-occidentali del XXI secolo.

Una moltitudine di sguardi di donne artiste si susseguono in questo racconto per immagini dagli stili diversissimi dove dominante resta, tuttavia, il reportage sociale agli inizi del novecento, la rivalsa femminile degli anni ‘80 e, sempre più all’inizio del XXI secolo, le voci dell’alterità, della differenza in senso lato_ personale e politica_ che oltre agli stereotipi danno spazio all’ espressione e alla libertà individuale. Le più di trecento fotografie in mostra si pongono come indagine nuda, in presa diretta sulla società di ieri e di oggi, ma, anche, aprono spazi di narrazione individuale e poetica per raccontare storie, le proprie, catturando scorci di vita intima attraverso le immagini. Continua a leggere