Cercai altro tempo nel mondo
e solo trovai altro spazio.
E. M.
Eugenio Montejo (Caracas, 1938 – Valencia, 5 giugno 2008) è considerato uno dei più importanti poeti venezuelani della seconda metà del XX° secolo.
Nel 1998 ha ricevuto il “Premio Nazionale per la Letteratura”, nel 2004 il “Premio Internazionale Octavio Paz per la Poesia e la Saggistica” e nel 2005 il dottorato honoris causa dell’Università de los Andes e dell’Università di Carabobo. Tra le numerose raccolte poetiche si ricordano: Élegos (1967), Muerte y Memoria (1972), Terredad (1979), Alfabeto del Mundo (1986), Adiós al Siglo XX (1992), Tiempo Transfigurado (2001). Oltre ad essere stato diplomatico presso l’ambasciata del Venezuela in Portogallo e docente universitario, ha collaborato con numerose riviste letterarie nazionali e internazionali. Come saggista ha pubblicato: A Ventana Oblicua (1974) e El Taller Blanco (1983). Ha fondato la rivista “Azar Ray” ed è stato cofondatore della rivista “Poesía”, pubblicata dall’Università di Carabobo. (articolo e traduzioni a cura di Emilio Capaccio)
ADDIO AL SECOLO XX
Attraverso via Marx, via Freud;
vado lungo un lembo di questo secolo,
lentamente, insonne, cavilloso,
spia ad honorem di qualche regno gotico,
raccogliendo vocali cadute, piccoli ciottoli
tatuati di rumori infiniti.
La linea di Mondrian davanti ai miei occhi
continua a tagliare la notte in ombre rette
ora che non entra più solitudine
nelle pareti di vetro.
Attraverso via Mao, via Stalin;
guardo l’istante dove muore un millennio
e un altro allunga il suo terrestre dominio.
Il mio secolo verticale e pieno di teorie …
Il mio secolo con le sue guerre, i suoi dopoguerra
e il suo tamburo di Hitler laggiù lontano,
tra sangue e abisso.
Proseguo tra le pietre dei vecchi sobborghi
per una bevuta, per un po’ di jazz,
contemplando gli dei che dormono sciolti
nella segatura dei bar,
mentre decifro i loro nomi al passo
e seguo il mio cammino.
ADIÓS AL SIGLO XX
Cruzo la calle Marx, la calle Freud;
ando por una orilla de este siglo,
despacio, insomne, caviloso,
espía ad honorem de algún reino gótico,
recogiendo vocales caídas, pequeños guijarros
tatuados de rumor infinito.
La línea de Mondrian frente a mis ojos
va cortando la noche en sombras rectas
ahora que ya no cabe más soledad
en las paredes de vidrio.
Cruzo la calle Mao, la calle Stalin;
miro el instante donde muere un milenio
y otro despunta su terrestre dominio.
Mi siglo vertical y lleno de teorías…
Mi siglo con sus guerras, sus posguerras
y su tambor de Hitler allá lejos,
entre sangre y abismo.
Prosigo entre las piedras de los viejos suburbios
por un trago, por un poco de jazz,
contemplando los dioses que duermen disueltos
en el serrín de los bares,
mientras descifro sus nombres al paso
y sigo mi camino.
SCRITTURA
Un giorno o l’altro scriverò con le pietre,
misurando ognuna delle mie frasi
dal loro peso, volume, movimento.
Sono stanco di parole.
Non più matita: ponteggi, teodoliti,
la nudità solare del sentimento
che tatua nel profondo delle rocce
la sua musica segreta.
Disegnerò con linee di sassi
il mio nome, la storia della mia casa
e la memoria di quel fiume
che passa sempre e indugia
nelle mie vene come un saggio architetto.
Con pietra viva scriverò il mio canto
in archi, ponti, dolmen, colonne,
davanti alla solitudine dell’orizzonte,
come una mappa che s’apra agli occhi
dei quei viaggiatori che non ritornano mai.
ESCRITURA
Alguna vez escribiré con piedras,
midiendo cada una de mis frases
por su peso, volumen, movimiento.
Estoy cansado de palabras.
No más lápiz: andamios, teodolitos,
la desnudez solar del sentimiento
tatuando en lo profundo de las rocas
su música secreta.
Dibujaré con líneas de guijarros
mi nombre, la historia de mi casa
y la memoria de aquel río
que va pasando siempre y se demora
entre mis venas como sabio arquitecto.
Con piedra viva escribiré mi canto
en arcos, puentes, dólmenes, columnas,
frente a la soledad del horizonte,
como un mapa que se abra ante los ojos
de los viajeros que no regresan nunca.
LETTERA PROFONDA
Quello che scrissi nel ventre di mia madre
avanti alla luce sparisce.
Il sogno della mia lettera antica
tatuato in attesa del mondo
si cancellò alla crescita del tempo.
Colori, tatti, orme
caddero sotto tumuli di neve.
Solo bisbigli repentini
affiorano oggi dal fondo,
visioni in eclissi, indecifrabili
che l’alone degli specchi avvolge.
Gli occhi cercano nell’aria
lo spazio dove l’anima fluttuava
e si perdono dietro il suo sentiero.
Quello che scrissi nel ventre di mia madre
non fu altro che un fiore
perché più ferisce quando si dissolve.
Un fiore vivo che non ha ricordo.
LETRA PROFUNDA
Lo que escribí en el vientre de mi madre
ante la luz desaparece.
El sueño de mi letra antigua
tatuado en espera del mundo
se borró a la crecida del tiempo.
Colores, tactos, huellas
cayeron bajo túmulos de nieve.
Sólo murmullos a deshora
afloran hoy del fondo,
visiones en eclipse, indescifrables
que envuelve el vaho de los espejos.
Los ojos buscan en el aire
el espacio donde el alma flotaba
y se pierden detrás de su senda.
Lo que escribí en el vientre de mi madre
quizás no fue sino una flor
porque más hiere cuando desvanece.
Una flor viva que no tiene recuerdo.
UCCELLI
Fuori sento gli uccelli,
altri, non quelli di ieri che abbiamo perduto,
i nuovi zirli innocenti.
E non so se sono uccelli,
se qualcuno che non sono più li segue ascoltandoli
nel mezzo della vita sotto il sole della terra.
Forse è il desiderio di mantenere la sua voce selvaggia
a metà della stagione
prima che gli alberi si allontanino.
Qualcuno che sono stato o sono, non so,
sente o ricorda,
se c’è qualcosa di reale dentro di me sono loro,
più di me stesso, più del sole qua fuori,
se è musicale la forza che fa girare il mondo,
non ha avuto mai altro che uccelli,
il canto degli uccelli
che ci prende e ci porta.
PÁJAROS
Oigo los pájaros afuera,
otros, no los de ayer que ya perdimos,
los nuevos silbos inocentes.
Y no sé si son pájaros,
si alguien que ya no soy los sigue oyendo
a media vida bajo el sol de la tierra.
Quizás es el deseo de retener su voz salvaje
en la mitad de la estación
antes que de los árboles se alejen.
Alguien que he sido o soy, no sé,
oye o recuerda,
si hay algo real dentro de mí son ellos,
más que yo mismo, más que el sol afuera,
si es musical la fuerza que hace girar el mundo,
no ha habido nunca sino pájaros,
el canto de los pájaros
que nos trae y nos lleva.
MENTRE GIRA LA TERRA
Lascia che t’ami mentre gira la terra
e gli astri inchinino i loro crani azzurri
sulla rosa dei venti.
Fluttuando, a bordo di questo giorno
nel quale per caso, per un istante,
ci siamo svegliati così vicini.
Avrei potevo vivere in un altro regno,
in un altro mondo,
a molte leghe dalle tue mani, dal tuo riso,
su un pianeta remoto, irraggiungibile.
Avrei potuto nascere secoli fa
quando non esistevi in nulla
e nelle mie ansie d’orizzonte
indovinarti in sogni di futuro,
ma le mie ossa a quest’ora
non sarebbero che alberi o pietre.
Non fu ieri né domani, in un altro tempo,
in un altro spazio, né succederà mai
benché l’eternità getti i suoi dadi
a favore della mia sorte.
Lascia che t’ami fino a quando la terra
continuerà a gravitare al ritmo dei suoi astri
e ad ogni istante ci stupisca
questo fragile miracolo d’essere vivi.
Non abbandonarmi finché non si sarà fermata.
MIENTRAS GIRE AL TIERRA
Déjame que te ame mientras gire la tierra
y los astros inclinen sus cráneos azules
sobre la rosa de los vientos.
Flotando, a bordo de este día
en que al azar, por un instante,
despertamos tan cerca.
Pude vivir en otro reino, en otro mundo,
a muchas leguas de tus manos, de tu risa,
en un planeta remoto, inalcanzable.
Pude nacer hace ya siglos
cuando en nada existías
y en mis angustias de horizonte
adivinarte en sueños de futuro,
per mis huesos a esta hora
ya serían árboles o piedras.
No fue ayer ni mañana, en otro tiempo,
en otro espacio,
ni ocurrirá ya nunca,
aunque la eternidad cargue sus dados
a favor de mi suerte.
Déjame que te ame mientras la tierra siga
gravitando al compás de sus astros
y en cada minuto nos asombre
este frágil milagro de estar vivo.
No me abandones hasta que ella se detenga.
NESSUN AMORE È CONTENUTO IN UN CORPO SOLAMENTE
Nessun amore è contenuto in un corpo solamente,
benché le sue vene abbraccino le misure del mondo;
fuori resta sempre un desiderio,
l’altro singhiozza ma manca.
Lo sa il mare nel suo lamento solitario
e la terra che cerca i resti della sua scultura;
non basta un solo corpo per dar alloggio alle sue notti,
ci sono stelle che restano fuori dal sangue.
Nessun amore è contenuto in un corpo solamente,
benché l’anima si stacchi e ceda spazio
e il tempo riconsegni l’ora che essa trattiene.
Due mani non ci bastano per raggiungere l’ombra;
due occhi vedono solo poche nuvole
ma non sanno dove vanno, da dove vengono,
che paese musicale le unisca e le disperda.
Nessun amore, non il più inafferrabile, non il più fugace,
nasce in un corpo che è solo;
nessuno è contenuto nella misura della sua morte.
NINGÚN AMOR CABE EN UN CUERPO SOLAMENTE
Ningún amor cabe en un cuerpo solamente,
aunque abarquen sus venas el tamaño del mundo;
siempre un deseo se queda fuera,
otro solloza pero falta.
Lo sabe el mar en su lamento solitario
y la tierra que busca los restos de su estatua;
no basta un solo cuerpo para albergar sus noches,
quedan estrellas fuera de la sangre.
Ningún amor cabe en un cuerpo solamente,
aunque el alma se aparte y ceda espacio
y el tiempo nos entregue la hora que retiene.
Dos manos no nos bastan para alcanzar la sombra;
dos ojos ven apenas pocas nubes
pero no saben dónde van, de dónde vienen,
qué país musical las une y las dispersa.
Ningún amor, ni el más huidizo, el más fugaz,
nace en un cuerpo que está solo;
ninguno cabe en el tamaño de su muerte.
LA CASA
Nella donna, nel profondo del suo corpo
si costruisce la casa,
tra mormorii e silenzi.
Bisogna portare con sé ombre di pietre,
armature leggere,
imitare gli uccelli.
Soprattutto quando dorme
e nel sogno sorride
— livellare a fondo
non svegliarla;
seguire il declivio delle sue forme
i movimenti delle mani.
Sulle dune che coprono il suo sogno
in un convulso paesaggio,
bisogna innalzare alte pareti,
fondare contro la pioggia, contro il vento,
anni e anni.
Un gesto a volte si volge a un muro,
da qualche sussurro nasce una finestra,
smontiamo erranti sulla porta
e leghiamo il cavallo.
In fondo al suo corpo la casa ci attende
e la tavola apparecchiata con parole pulite
per vivere, forse per morire,
non lo sappiamo,
perché quando si entra mai più si esce.
LA CASA
En la mujer, en lo profundo de su cuerpo
se construye la casa,
entre murmullos y silencios.
Hay que acarrear sombras de piedras,
leves andamios,
imitar a las aves.
Especialmente cuando duerme
y en el sueño sonríe
— nivelar hasta el fondo
no despertarla;
seguir el declive de sus formas
los movimientos de sus manos.
Sobre las dunas que cubren su sueño
en convulso paisaje,
hay que elevar altas paredes,
fundar contra la lluvia, contra el viento,
años y años.
Un ademán a veces fija un muro,
de algún susurro nace una ventana,
desmontamos errantes a la puerta
y atamos el caballo.
Al fondo de su cuerpo la casa nos espera
y la mesa servida con las palabras limpias
para vivir, tal vez para morir,
ya no sabemos,
porque al entrar nunca se sale.
FINALE SENZA FINE
…E me ne andrò
J.R.J.
Quella che se ne andrà alla fine sarà la vita,
la stessa vita che ha portato i nostri passi
senza tregua alla velocità del suo desiderio.
Si porterà anche tutte le sue ore
e gli orologi che suonavano e il suono
e ciò che in loro è sempre stato occulto
senza essere tempo né oltretempo…
Quando si deve partire — è la vita che se ne va,
lei e la sua musica veloce nelle mie vene
che mi percorre con remoti cantici,
lei e la sua geometria melodiosa
che inventa scacchi a queste parole.
Da tutto ciò che guardo in questo istante
sarà la vita a partire per sempre o giammai,
vale a dire, quella che parte senza partire, quella che resta
e con essa il mio corpo notte e giorno,
seguendoli nelle loro luci e nelle loro ombre…
Sì, forse nessuno s’allontana da questo mondo,
benché s’estingua ciascuno nel suo momento.
— Ce ne andiamo senza andare,
nessuno resterà o se ne andrà,
esattamente come abbiamo sempre vissuto
sulle rive di questo sogno indecifrabile,
dove uno è e non è e nessuno sa niente.
FINAL SIN FIN
…Y yo me iré
J.R.J.
La que se irá al final será la vida,
la misma vida que ha llevado nuestros pasos
sin tregua a la velocidad de su deseo.
Se llevará también todas sus horas
y los relojes que sonaban y el sonido
y lo que en ellos siempre estuvo oculto
sin ser tiempo ni trastiempo…
Cuando haya de partir — se irá la vida,
ella y su música veloz entre mis venas
que me recorre con remotos cánticos,
ella y su melodiosa geometría
que inventa el ajedrez de estas palabras.
De todo cuanto miro en este instante
será la vida la que parta para siempre o para nunca,
es decir, la que parta sin partir, la que se quede
y con ella mi cuerpo noche y día,
siguiéndolas en sus luces y sus sombras…
Si, tal vez nadie se aleje de este mundo,
aunque se extinga cada quien en su momento.
— Nos iremos sin irnos,
ninguno va a quedarse ni va a irse,
tal como siempre hemos vivido
a orillas de este sueño indescifrable,
donde uno está y no está y nadie sabe nada.
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