Alfonso Cortès – Poesie, a cura di Emilio Capaccio

alfonso cortèsIl sogno è una roccia solitaria

dove l’uccello dell’anima fa il nido.

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A. C.

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Alfonso Cortés (León, 9 dicembre 1893 – 3 febbraio 1969) è considerato, dopo Rubén Darío, con il quale trascorse gran parte della sua adolescenza, uno dei più grandi poeti nicaraguensi, insieme a Salomón de Jesús Selva ed Azarías de Jesús Pallais.

Collaborò con molte riviste e giornali del Centroamerica, soprattutto con “El Excélsior” e con “El Eco Nacional”, di cui fu redattore, inoltre, studiò e tradusse poesia italiana, francese e inglese. I suoi lavori di traduzione furono inclusi nel volume: Por Extrañas Lenguas.

Il legame con Rubén Darío segnò indelebilmente la sua esistenza e il suo talento artistico. Nel 1922 l’ultima compagna di Rubén Darío, Francisca Sánchez del Pozo, giunse a León dalla Spagna per prendere gli ultimi scritti del marito e i documenti del loro unico figlio, Rubén Darío Sánchez. Cortés accolse la donna e le diede un aiuto fondamentale nella ricompilazione degli inediti, ricevendo in dono, come segno di riconoscenza, la piccolissima casa in cui Rubén Darío era cresciuto e nella quale, cinque anni più tardi, Cortés cominciò improvvisamente a essere soggetto ad attacchi di schizofrenia, ma non per questo cessò di scrivere versi, al contrario, in questi anni diede vita ai suoi componimenti più noti.

I suoi familiari, nel corso delle sue violenti crisi, lo tennero rinchiuso e a volte incatenato a una trave del soffitto per evitare che potesse nuocere a sé stesso e agli altri. Nel 1944 fu internato nell’ospedale psichiatrico di Managua.

Trascorse tutta la vita in molti sanatori, tra Nicaragua e Cile, alternando momenti di pazzia a momenti di lucidità.

La sua poesia, visionaria, esoterica e metafisica, è considerata appartenente alla corrente postmodernista, con chiari influssi del simbolismo di Mallarmé, pur conservando un’eccezionale singolarità espressiva.

Tra le sue opere più importanti, si ricordano: Poesías (1931), Tardes de Oro (1934), Poemas Eleusinos (1935), Las Siete Antorchas del Sol (1952), Las Rimas Universales (1964). (Articolo e traduzione di Emilio Capaccio)

FUGA D’AUTUNNO

Qui tutto, fino al tempo si fa spazio.
Nei vecchi sentieri la nostra voce erra come oblio,
e un etere pieno di ricordi, è uscita
da noi l’anima, per vederci da lontano.

Il cielo è come un fedele ricordo di colori
in cui tu ammassi, luce sonora, i tuoi venti;
la pazza del pomeriggio affonda i suoi pensieri
di luce, nell’epidermide di seta dei fiori.

Io filerò con il bianco bioccolo dei vespri,
ore d’amore sottili, concise e spaziose
vedendo arrivare le pallide coppie amorose
nella convalescenza felice dei sentieri.

FUGA DE OTOÑO

Aquí todo, hasta el tiempo se hace espacio.
En los viejos caminos nuestra voz yerra como olvido,
y un éter lleno recuerdos, se ha salido
de nosotros el alma, para vernos de lejos.

El cielo es como un fiel recuerdo de colores,
en que tú arremolinas, luz sonora, tus vientos;
la loca de la tarde hunde sus pensamientos
de luz, en la epidermis de seda de las flores.

Yo hilaré con el blanco vellón de los vesperos,
horas de amor sutiles, concisas y espaciosas
viendo venir las pálidas parejas amorosas
en la convalecencia feliz de los senderos.

IRREVOCABILMENTE

Per quanto guardi intorno,
troverai solo i pallidi pantani del Niente;
fiori marci, uccelli senza rotta, nuvole morte …

Mai più aprì il cielo
né la terra le porte!
Giorni di lassitudine, disperazione e tedio;
non c’è per la vita che il funebre rimedio
della morte, non c’è, non c’è, non c’è
che il cadere come un punto nero e vago
nell’onda livida del lago,
per sempre …

IRREVOCABLEMENTE

Por donde quiera que escudriña la mirada,
sólo encuentra los pálidos pantanos de la Nada;
flores marchitas, aves sin rumbo, nubes muertas …

Ya no abrió nunca el cielo ni
¡la tierra sus puertas!
Días de lasitud, desesperanza y tedio;
no hay más para la vida que el fúnebre remedio
de la muerte, no hay más, no hay más, no hay más
que caer como un punto negro y vago
en la onda lívida del lago,
para siempre jamás …

DALLA SPONDA

Il sole attorce la chioma nei tigli
del parco, e la raffresca nell’acqua della vasca
ove si vedono sognare i vecchi peristili
di rame; tra le fronde, rapidamente, sfreccia
un uccello e alla torre s’approssima un’ora;
dalla verde riva un cigno all’onda discende,
e, venendo a chiederci pane, in bianca prora
i sogni dell’acqua, col becco, si ficca.

DESDE LA ORILLA

El sol enreda sus cabellos en los tilos
del parque, y los enfría en el agua de la taza
en que se ven soñar los viejos peristilos
de cobre; entre las ramas, rápidamente, pasa
un pájaro, y se acerca desde la torre una hora;
desde la orilla verde un cisne a la Onda baja,
y, viniendo a pedirnos pan, en su blanca prora
los ensueños del agua, con el pico, se encaja.

ARIA

Suona un’aria fanciullesca dietro i muri, la piazza
porta drappelli d’estasi antiche alla mia casa.

Quando l’aria fanciullesca, con passettini fiacchi,
volteggia con l’oboe che smuore sui tetti,

e popola d’estasi crepuscolari
il giardino, greve d’angosce,
che vuol parlare
parole dette tra le foglie …

mentre torcono nella bruma
folli e allegri movimenti
le bianche crespe della schiuma
dell’anima, al tocco dei venti …

AIRE

Suena un aire de niño tras las tapias, la plaza
trae patrullas de éxtasis antiguos a mi casa.

Cuando el aire de niño, con pasitos cansados,
rueda con el oboe que muere en los tejados,

y puebla de éxtasis crepuscular
el jardín, lleno de congojas,
que tiene deseos de hablar
palabras dichas entre hojas …

mientras retuercen en la bruma
locos y alegres movimientos
los blancos pliegues de la espuma
del alma, al roce de los vientos …

VITA ANTERIORE

L’uomo è sparso nella natura …
gli esseri si spartiscono i suoi sogni, la sua tristezza,
le sue parole, le sue aurore, il suo affanno, il suo pensiero.
Persino le cose hanno a volte un momento
in cui sembrano esprimere celate intenzioni,
come se dentro di loro pulsassero cuori.

Io ho visto pietre afflitte come se fossero
nell’infinito l’accusa mistica d’un delitto,
e altre piene d’affetto, come se avanti all’umano
si fossero poste, tendendoci la mano …

E ho visto alberi, poveri alberi rassegnati
che hanno l’atteggiamento di ricordare passati
immemorabili, o alti, inquieti e febbrili,
come se proponessero sottili argomenti
all’aurora borghese, o al vento vagabondo.

VIDA ANTERÍOR

El hombre está esparcido en la Naturaleza …
los seres se reparten sus sueños, su tristeza,
sus dichas, sus auroras, su afán, su pensamiento.
Hasta las cosas tienen a veces un momento
en que expresar parecen ocultas intenciones,
como si dentro de ellas latieran corazones.

Yo he visto piedras tristes como si en lo infinito
fueran la acusación mística de un delito,
y otras llenas de afecto, como si ante lo humano
se adelantaran mudas, tendiéndonos la mano …

Y he visto árboles, pobres árboles resignados
que tienen la actitud de recordar pasados
inmemoriables, o altos, inquietos y febriles,
como si propusieran argumentos sutiles
a la aurora burguesa, o al viento vagabundo.

LA DANZA DEGLI ASTRI

L’ombra azzurra e vasta è un perpetuo volo
a scuotere l’immobile movimento del cielo;
la distanza è silenzio, la visione è suono;
l’anima diviene come un mistico udito
in cui le forme hanno proprie sonorità;
luce antica l’abisso sussulta in singhiozzi,
e il silenzio notturno s’erige in sé stesso.
I violini pulsano nell’etere la sua chiarità.

LA DANZA DE LOS ASTROS

La sombra azul y vasta es un perpetuo vuelo
que estremece el inmóvil movimiento del cielo;
la distancia es silencio, la visión es sonido;
el alma se nos vuelve como un místico oído
en que tienen las formas propia sonoridad;
luz antigua en sollozos estremece el abismo,
y el silencio nocturno se levanta en si mismo.
Los violines del éter pulsan su claridad.

VITA LUMEN

Taci, vecchio violino della mia carne intrepida,
che una musica sacra effonde nelle mie vene;
stai giù, tempo, lontano da qui la vita,
apre le ali la mia anima e di cielo s’inonda …

Voglio ficcare il mio sogno in un campo sativo
che batta un vento fresco e un sole amico asperga:
m’allungherò sulla terra e sentirò, zitto,
affondare nel mio corpo le radici del grano.

E quando dimane, i fiori e gli uccelli
solleveranno con dolce grazia i colli alle altezze,
i miei pensieri gravi con la linfa saliranno
a brindar al mio spirito nelle ostie future.

VÍTA LUMEN

Calla, viejo violín de mi carne atrevida,
que una música sacra entre mis venas cunda;
quédate abajo, tiempo, lejos de aquí la vida,
mi alma sus alas abre y de cielo se inunda …

Quiero plantar mi sueño en un campo sembrado
que bata un viento fresco y bañe un sol amigo:
me tenderé en la tierra y sentiré, callado,
hundirse entre mi cuerpo las raíces del trigo.

Y cuando en la mañana, las flores y las aves
alcen con dulce gracia su cuello a las alturas,
subirán con la savia mis pensamientos graves
para brindar mi espíritu en las hostias futuras.

GLI UCCELLI

Quando ancora scorrevano rivi di scoriacee coste
sulla pelle selvaggia della terra, e quand’essa
al bacio del sole, mostrava sulle sue anche larghe
ferite d’acqua, fuoco di pietra e di metallo,

come vergini ulcere di schifosità pura,
gli uccelli — nobili eserciti dell’aquila bizzarra —
tagliarono con volo allegro l’azzurra pianura,
e su una rupe del cielo il loro capo conficcò l’artiglio.

E l’allodola aprì il giglio di trilli del suo becco
per cantare i dolci paesaggi profumati
del sole, di cui incosciente godeva, nel ricco
azzurro rompendo un vaso di profumi dorati.

E il cigno sollevò le ali, come un’ostia spezzata
per santificare il segreto della calma
e volare, in un momento audace in cui la vita
invitava a rinchiudersi a vivere nell’anima;

ascoltando i numeri del mare o del vento,
o i giovani rumori terreni, o
i versetti del manoscritto giallastro
che ho visto un giorno sul petto poderoso di Dio.

LAS AVES

Cuando aún rodaban ríos de escoriáceas riberas
sobre la piel salvaje de la tierra, y cuando al
beso del sol, mostraba en sus anchas caderas
llagas de agua, fuego de piedra y de metal,

como vírgenes úlceras de asquerosidad pura,
las aves — nobles ejércitos del águila bizarra —
cortaron con alegre vuelo la azur llanura,
y el jefe en una roca del cielo hincó la garra.

Y abrió la alondra el lirio de trinos de su pico
para cantar los dulces paisajes perfumados
del sol, que se gozaba inconsciente, en el rico
azur rompiendo un vaso de perfumes dorados.

Y el cisne alzó las alas, como una hostia partida
para santificar el secreto de calma
y volar, en un momento audaz en que la vida
convidaba a encerrarse a vivir en el alma;

escuchando los números de la mar o del viento,
o los jóvenes ruidos terrenales, o los
versículos del manuscrito amarillento
que vi un dia en el seno poderoso de Dios.

CLARINO PATRIO

Questo clarino che attende, appeso a un chiodo ora,
le nove di sera per suonare il coprifuoco,
o il risveglio del giorno e dare all’aurora
chiari bersagli che filtrano nell’etere di seta;
io l’ho visto in un altro tempo con la voce di un altro canto,
quando il sole si frangeva nel suo bronzo brunito
sfoltendo accenti come spade di pianto,
e sventagliando tremule bandiere sonore.

CLARÍN PATRIO

Este clarín que aguarda, colgado a un clavo ahora,
las nueve de la noche para tocar la queda,
o el despertar del día para dar a la aurora
claras dianas que filtran en el éter de seda;
yo lo he visto otro tiempo con la voz de otro canto,
cuando el sol se quebraba en su bronce bruñido
desenvainando acentos cómo espadas de llanto,
y sacudiendo trémulas banderas de sonido.

IO

Molti mi hanno detto: — il vento, il mare, la pioggia, il grido
dei pastori …altri: la femmina umana e il cielo;
taluni: ombra errante e velo invisibile
della verità, talaltri: la fantasia, il mito.

Io no. So che tutto è ineffabile rito
in cui officia un coro d’arcangeli in volo,
e che l’eternità vive in santo zelo,
in cui seduce l’uomo e paralizza l’infinito.

Perciò le mie parole sono silenzio parlato,
e nel fatale ordito di ogni essere, trovo
difficile il consueto e facile l’ignoto …

Io sono il mercante di una divina fiera
in cui l’infinito è cerchio senza centro
e il numero la forma di ciò che è materia.

YO

Muchos me han dicho: — el viento, el mar, la lluvia, el grito
de los pastores… Otros: La hembra humana y el cielo.
Estos: La errante sombra y el invisible velo
de la Verdad, y aquellos: La fantasía, el mito.

Yo no. Yo sé que todo es inefable rito
en el que oficia un coro de arcángeles en vuelo,
y que la eternidad vive en sagrado celo,
en el que engendra el hombre y pare lo infinito.

Por eso, mis palabras son silencio hablado,
y en la fatal urdimbre de cada ser, encuentro
difícil lo sabido y fácil lo ignorado…

Yo soy el Mercader de una divina feria
en la que el infinito es círculo sin centro
y el número la forma de lo que es materia.

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5 Commenti

  1. “Il sogno è una roccia solitaria
    dove l’uccello dell’anima fa il nido.”
    Esperienza lirica di un poeta visionario, indissolubilmente legata all’esperienza – limite della follia.
    Ringrazio per questa proposta molto coinvolgente.
    Maria

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