Archivi categoria: poesia francofona

Odilon-Jean Périer – Carmi

Odilon-Jean Périer - Carmi, a cura di Ilaria Guidantoni, Lorenzo de’ Medici Press, 2023Odilon-Jean Périer – Carmi, a cura di Ilaria Guidantoni, Lorenzo de’ Medici Press, 2023

.

(…) oserei definire Périer, un poeta quasi involontario, una poesia che non è né lirica estetica, né costruita, né dissoluzione cercata. È contemporanea per il suo essere sul crinale tra prosa e poesia, i suoi versi spezzati, spesso divisi in modo sconveniente alla lettura, sono sintesi folgoranti della vita; dove il sacro e il profano si mescolano senza soluzione di continuità, dove gli angeli si confondono con gli amori carnali tanto ci sono vicini. Le tensioni opposte percorrono i suoi versi come nella metafora della maison de verre, la solidità della casa che si radica è di vetro, luogo chiuso, intimo e anche aperto, trasparente nel senso di esposto, pertanto fragile. La poesia è chiara quanto incomprensibile, come nel grande René Char, altro poeta dimenticato che anche in Francia è praticamente introvabile. (…) Périer non sembra voler comprendere e tanto meno afferrare il mondo e la vita quanto preferisce immergervisi, anelando all’infinito e stando in questa tensione non risolutiva. È sicuramente poeta della vita e la poesia che è la sua espressione perché comporre versi è un modo di vivere, dev’essere semplice e per tutti. (…) La sua poesia è la ricerca di un assoluto intimo. Interessante la corrispondenza con Jean Paulhan che si mostra esigente e non manca di ricordare al suo giovane discepolo che “cantare è anche una sorta di imbroglio” e che il soprannaturale “è terribilmente difficile”. La poesia di Périer è immensa nella sua semplicità che a tratti può sembrare banale e che forse è più da ascoltare che da decifrare. (dalla prefazione della curatrice Ilaria Guidantoni)

.

.

Odilon-Jean Périer è un poeta belga di espressione francese nato a Bruxelles il 9 marzo 1901 e scomparso prematuramente a soli 27 anni. Nel corso dei suoi studi fonda numerose riviste (che avranno tutte la vita breve di un solo numero): La Lyre du potache, Hermès e Le Cénacle. Nel 1918 scrive, sulla falsariga di Jules Renard, un Petit Éssai de psychologie végétale, oltre a una raccolta di poemi in versi liberi che intitola La Route de sable. Su ispirazione di autori come Apollinaire e Cendrars e del Cubismo nel 1920 scrive il lungo poema Le combat de la neige et du poète e una raccolta di poesie, La Vertu par le chant; l’anno seguente termina la sua collaborazione con La Patrie belge e inizia quella col Mercure de France e con Signaux de France et de Belgique. Nel corso degli anni collaborerà anche con La Reinaissance d’Occident e Le Disque vert, della quale è animatore Franz de Hellens al quale si lega, oltre che con il giovane Henri Michaux che ha passato l’infanzia nella sua stessa strada a Bruxelles. Nel 1926 pubblica con Gallimard il suo unico romanzo, Le passage des anges, (Il passaggio degli angeli, La Finestra Editrice, 2018), che da qualcuno viene considerato la fonte di ispirazione del film Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Continua a leggere

Samira Negrouche – Poesie

Samira Negrouchesamira negrouche è nata ad Algeri, dove vive tuttora, nel 1980. Laureata in medicina, è poetessa, saggista, traduttrice dall’arabo al francese (oltre che da altre lingue minoritarie o dialettali africane), collaboratrice di artisti visuali e musicisti. La sua produzione poetica si svolge in entrambe le lingue, pur appartenendo Negrouche a quella generazione di poeti francofoni che, con le rivoluzioni arabe dei primissimi anni Dieci di questo secolo e il conseguente ritorno all’arabo come prima lingua di studio, sta progressivamente scomparendo, ma che tuttavia continua a scrivere in francese “per dire ai francesi che non è francese”, secondo le parole di Kateb Yacine. Ovvero, in un certo senso, guardando ad una doppia tradizione letteraria, ritrovandosi ad essere, come direbbe il grande poeta libanese francofono Salah Stétié “uomini (e donne) di due paesi”, e nel contempo ponti e ambasciatori non solo verso l’enorme mondo di lingua francese ma anche nei paesi dove la letteratura francese è regolarmente apprezzata. Dotata di una lingua immediata e potente, di forte impatto evocativo, capace di dolcezze e invettive, Negrouche è autrice di una decina di libri, tra libri d’arte e raccolte poetiche, delle quali è leggibile in italiano Jazz degli ulivi (Poiesis, Alberobello 2011), a cura di Annie Urselli.
Le poesie qui tradotte sono tratte da Six arbres de fortune autour de ma baignoire, Mazette, Paris 2017. Le traduzioni originali sono di G. Cerrai (2021).

uomo un po’ animale un po’ fiore un po’ metallo un po’ uomo
Tristan Tzara, l’Uomo approssimativo

c’è sulle nostre teste                       un’ombra verticale                      che vibra
un’ombra che sbatte sulle nostre teste
un fischio clandestino
nella piana arida                                sulle nostre teste
ingombre

e mentre che soffia                     che niente prevede che soffi
che     i nostri crani     ronzano
è un tetto di catrame che accoglie i nostri umori
i nostri fianchi temerari           sulla piattaforma di fortuna
la costellazione alla deriva
nella nebbia dei sensi

tu non hai abbandonato il relitto polveroso

ombre verticali corrono                 al margine delle dune
i tuoi occhi fasciati dietro il vetro concavo
protezione anti UV                         non garantita

dei tasti neri                                               al margine delle dune
un solfeggio senza rumore

tu non hai abbandonato il relitto polveroso

un’ombra verticale                    infissa nella piana arida
che tu irrighi di promesse
l’organo metallico che vibra                   al margine del polmone
sulla piattaforma di catrame
dove le musiche si scontrano
protezione                  non garantita
per un totem                                               di fortuna.

*** Continua a leggere

La poesia della negritudine, a cura di Emanuele Pini

Aimé Cesaire da giovane

Una foto giovanile di Aimé Cesaire

POESIE DI NEGRITUDINE

.

La poesia è un animale piuttosto strano, che nessuno ha mai saputo domare davvero. Nessuno infatti sa ancora dire con esattezza quali siano le sorgenti da cui scaturisca, eppure sgorga e talvolta capita persino che questa creatura nasca da una lontananza. Spesso la parola stessa è generata da questa mancanza, un abisso tra il proprio mondo intimo e una realtà concreta, brutale.

Una condanna all’esilio ha così ispirato celeberrimi artisti come Omero, Dante, Foscolo e via, ce n’è da spellarsi le mani a cavar fuori esempi dalla letteratura, tanto che possiamo distinguere anche nel XX secolo un’intera corrente poetica segnata da questa condizione: la poesia della Negritudine, una poesia dell’esilio.

.

Dopo il fosco periodo della colonizzazione, dalla metà del ‘900 infatti si concede via via, anche grazie ai compromessi politici della Guerra Fredda, l’indipendenza a molti Paesi di quello che per l’appunto verrà soprannominato “Terzo Mondo”. È durante questo complesso e variegato processo di decolonizzazione che gli intellettuali gridano con orgoglio che l’uomo bianco non ha civilizzato, ma ha conquistato e poi dominato, fino a imporre modelli a una cultura preesistente, una ricca cultura umiliata e via via depredata.

Siamo solo nel 1936 quando Aimé Cesaire, poeta surrealista della Martinica, conia questo termine e intorno a lui a Parigi si forma un gruppo tanto solido quanto eterogeneo, che fonda la rivista Lo Studente Nero.

Tra le pagine di questa rivista si può leggere una delle prime poesie di Léopold Sédar Senghor, un giovane senegalese studente di Lettere; questo testo era intitolato Il ritratto:

.

Lui ancora non conosce

L’ostinazione del mio rancore acuita dall’inverno

Né la necessità della mia Negritudine tiranna” […].

.

Ecco, la Negritudine è questa fierezza delle popolazioni nere, che riconoscono il valore della loro civiltà, della loro storia e delle loro tradizioni o, con le parole di Aimé Césaire:

La Negritudine è la semplice consapevolezza del fatto d’essere nero e l’accettazione di questo fatto, del nostro destino di Nero, della nostra storia e della nostra cultura”. Continua a leggere