Francesco Tripaldi – L’individuo superfluo – Ronzani Ed., 2022
A SIMONE DE BEAUVOIR
(Non c’è etica senza fallimento)
Inizia tutto dalle mani
che si cercano intrecciandosi e pungendo come rovi.
Poi, d’un tratto i cori,
elegie per lacci emostatici alla lussuria sdentata,
oscurità che inonda l’abitacolo dell’auto
bruciandoci il palato,
cucendoci strette le labbra
con catene di menzogne
con cui da tempo
siamo a nostro agio.
Fuori dal parabrezza
un’alba rottamata
sublima l’etica in estetica,
il fallimento in consolazione,
la condanna in benedizione,
il dubbio nella consapevolezza
che un errore ripetuto
è più simile a una scelta,
traccia una riga sopra il giusto
e sulla mia anima d’inchiostro.
Tu cerca di perdonami,
non è più notte
e quando parlo seriamente
do il peggio di me.
Stupidamente tuo
J.P. Sartre
***
DI LUDOPATIA, GRUPPI DI PRESSIONE
E SUCCO DI POMPELMO
Si può essere diversamente protagonisti della propria
vita, dipende tutto da quanto si è scommesso
con essa.
Io ho scommesso con la pioggia sui ritrovamenti
dei gatti scomparsi, con me stesso che non sarei
più arrivato con troppo anticipo in stazione, con
le lobby ambientaliste sulle dimissioni del ministro
giapponese Yoshio Hachiro, sull’emblematica
importanza della corretta accentazione della
parola “ancora” per i marinai, ed ho perso tutto.
Ho messo un giubbetto di segnalazione alla mia
solitudine affinché non finisse investita dai passanti
distratti e dagli sconosciuti e sono scappato
dai miei creditori.
Ho vissuto un anno da turista di me stesso, condannato
ad un vagabondaggio interiore senza precedenti.
Un anno di completa trash-endenza.
Un anno passato a rubare dalla dispensa di madre
natura i semi giusti per far rigermogliare la flora
intestinale, a cercare di mantenere il sangue ben
ossigenato nonostante il sanguinare, a disperare
il cuore a gettarlo in mare assicurandomi che non
riuscisse a risalire.
Non ho trovato né il posto né il momento giusto
ma ho pensato molto a me stesso pensante, come
avrebbe fatto forse Alda Merini oggi, ai tempi
dell’inter-compatibilità dei programmi per elaboratore,
come Alessandro Manzoni, se gli avessero
fatto notare che la slot-machine è l’emblema post
moderno della provvidenza.
Ho commissionato una perizia a Flaiano che asseverasse
la lassità dei tratti distintivi della mia personalità.
Ho iniziato un percorso di riabilitazione
che prevedeva un paio d’ore al giorno a stringere
con le unghie le viti dell’asse terrestre.
D’altronde pare perfettamente comprensibile: un
anno è un lasso di tempo discretamente lungo
anche per i turisti che l’avessero speso soltanto a
comprare ciliegie e a curiosare nelle botteghe degli
artigiani.
C’è bisogno di riaffermarsi.
Diversamente sopraggiunge l’alienazione e si finisce
per intravedere panorami mozzafiato persino
sulla tenda della doccia.
Un anno forse è un tempo discretamente lungo un
po’ per tutti, per quelli che sono soliti bere succo
di pompelmo a colazione, per i tassisti abusivi che
guidano a fari spenti nella notte trasportando il
tuo disagio ad un’altra festa di sconosciuti, per chi
non dimentica mai nulla – neanche gli ombrelli
dietro la porta prima di uscire.
Credo sia stato un tempo lungo anche per te che
ancora punti sveglie multiple ma con sempre
meno voglia di alzarti, che ti chiedi quanto detersivo
bisogna bere per ripulire l’intestino, che speri
che io torni per poterti insegnare a sbucciare la
frutta nel modo corretto, per occupare l’altro lato
del letto, quello in cui si fanno i brutti sogni.
Si dicono tante cose, anche che non si vede bene
che col cuore ma io ho conosciuto anche gente che
di pigro aveva il cuore, non l’occhio.
Anche ora, dopo aver pagato tutti i miei debiti di
gioco sono rimasto quello che avrebbe scommesso
su tutto.
In fondo si sa come vanno queste cose, nessuno si
ferma mai a pensare che la polvere da sparo è stata
inventata per confezionare fuochi d’artificio e non
per assemblare ordigni militari.
In fondo, non importa se hai trascorso un anno
come se fossi in coda all’Expo per il padiglione
del Giappone, se quando piove fai la spesa coi sacchetti
di cartone, se hai messo il rossetto ad una
scrofa sperando che assomigliasse di più ad una
principessa, l’importante è non rimanere troppo a
lungo da soli con l’essere più terrificante del mondo,
sé stessi.
***
LETTERA AL DESERTO
Il tempo è un volto nell’acqua,
l’acqua è tempo che scorre.
La natura solita delle nostre concezioni abituali
è talmente angusta e insufficiente
da farci credere che l’identità di ognuno di noi
sia funzione della nostra e dell’altrui percezione di noi stessi.
Non altro che un’ipostasi assiologica,
anodina,
consolatoria,
degna soltanto dei più ciechi amanti dello specchio.
Una lacrima segna una guancia come il Nilo solca le sabbie.
La mia immagine riflessa
è un aspetto che malamente mi definisce,
è la mia precarietà a rendermi così definitivo
che mi cataloga come chi ha sempre tentato
ma non è mai riuscito,
come chi potrebbe ma boh.
Sabbie, cristalli di vetro.
Io sono un “se”, un “se” di mille lettere
mille come gli indici puntati contro,
come le pietre scagliate nel lago del tempo,
come le risposte mai avute,
troppe
come i sogni,
infinite
come i granelli di sabbia in questo deserto dell’essere.
***
LA IENA ‘RIDENS’ PIANGE
Manica di manigoldi con troppi soldi
la cui formazione culturale
è colpevolmente carente
della conoscenza di De Sade
ignorano che la Netiquette
imporrebbe
di non scrivere in caps lock.
Cashless society
incazzati coi tassisti
privi di POS
inseguono il coniglio bianco
lungo wormhole urbani
fino allo schiocco secco
del fine corsa della bobina divina.
La iena ridens,
piange.
Feste selvagge,
albe in dissesto,
muri infuocati in aggiornamento,
donne con calzature orribilmente 2015
al Chinese Box,
in Isola,
nelle vecchie balere,
in Piazza Morbegno,
sempre più belle, bellissime
nascondono sotto un make up impeccabile
sofisticati tormenti ed un malcelato sdegno
prima in coda per ricaricare lo smartphone al cesso
poi in fuga dalle ennesime avances
del tizio sfranto che già puzza di morte;
pasto designato
di un branco di iene ridens
infinitamente tristi.
Se solo,
se solo una miliardesima parte
delle esistenze superiori
nominasse una task force dell’urlo
per arpionare i grigi cetacei della rete,
inondare di gameti i data center,
o insegnare
la lezione di sopravvivenza delle lucertole
che sacrificano la coda
lasciandola lì a dimenarsi
negli occhi millenari dei bambini
per salvarsi la vita,
avremmo iene di nuovo coerenti,
di nuovo felici.
***
POESIA + IVA
Se la mia mente fosse il vagone silenzio del Frecciarossa
potrei fare schhhhh ai miei pensieri
ed avere un confronto costruttivo
con la realtà che mi circonda.
A questa poesia va aggiunta l’IVA.
Pensi che sia facile per me
vivere sereno sapendo che
tra preso e perso
tutto dipende dalla posizione della “erre”?
Soprattutto se parliamo di treni!
Pensi che sia facile per me
riuscire a tollerare
la sfrontatezza del piccione
che nella più tronfia inconsapevolezza
vive a petto in fuori in piazza Duomo?
Pensi che sia facile
hackerare la scatola nera di Dio
e sfidare la sua ira?!
A questa poesia va aggiunta l’IVA.
Pensi che sia facile per me
vivere sereno conoscendo
le difficoltà degli asiatici
nella pronuncia della “erre”?
Soprattutto se si parla di lutti, soprattutto se si parla di elezioni
Pensi che sia facile per me
tollerare che la schiavitù
sia ancora il modello di business
più scalabile in assoluto e così sia!
A questa poesia va aggiunta l’IVA,
Pensi che sia facile per me
gettarmi tra le braccia di una musa
o di una venere qualunque
per scrivere due frasi,
che tanto non significano niente,
e star qui, davanti a voi
a cercare comprensione?
Pensate che mi piaccia?
La mia venere è Afrodite,
ma di Milo,
e non ha braccia.
Perciò, se non riconoscete
il mio precipitare,
il mio bisogno di dormire
senza l’ansia di sognare,
se non riuscite a vedere
il mio corpo crivellato dai fori
che mi hanno fatto le parole
non avete capito che la poesia
è una cosa viva
alla poesia va aggiunta l’IVA,
e voi siete tutti evasori.
***
L’IMMORTALITÀ DELL’IDENTITÀ DIGITALE
Il tuo profilo
è ancora attivo,
anche alla morte
serve una password
ma tu, amico mio,
che da carbonio oramai sei silicio,
sii la notte che spopola il cuore,
l’arpione sul dorso dell’orca,
il sipario su luoghi d’altrove,
la funzione che sovrascrive
il protocollo centrale,
la mano che pianta
il primo seme
di una foresta di server
di questo camposanto digitale.
Tornerò a visitarti
ogni volta che posso,
mi basterà il cellulare
ma tu, amico mio,
che da carbonio oramai sei silicio,
sii la notte che spopola il cuore,
l’arpione sul dorso dell’orca,
il sipario su luoghi d’altrove
che anche lì,
nell’etere cosmico,
in qualche estensione di nomi a dominio
o in un blocco orfano di un registro diffuso…
… (non ti manchi
memoria
per ricordarti
di noi).
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